Lo sguardo con cui si visita un posto è molto importante. Così importante, da avere il potere di cambiarne l’opinione se lo si ripensa a distanza di giorni, a distanza di umori. Itri rimarrà sempre un crocevia, tra il dolce e l’amaro, tra l’incoscienza della quiete e la consapevolezza di una vita perduta in un colpo di frusta.

di Elisabetta De Falco

Il territorio affonda le sue radici nella preistoria. Diversi ritrovamenti di epoca neolitica e dell’Età del Bronzo, lungo la valle che collega l’entroterra al mare, catapultano il visitatore in uno scenario d’altri tempi. Ma è intorno all’XI secolo che il borgo si è sviluppato all’ombra della roccia viva del suo simbolo principale, la fortezza di epoca medievale.

Fece parte prima del territorio degli Aurunci e poi dei Romani. Già punto strategico per la vicinanza al mare, Itri diventò un importante snodo di comunicazione dopo la costruzione della Via Appia nel 312 a.C. Il nome del paese deriva appunto dal termine latino iter, “cammino”, proprio ad indicare l’importante ruolo di collegamento tra i territori vicini.

Percorrendo il tratto della antica via Appia da Fondi verso Itri è possibile attraversare l’antico basolato romano tra stazioni di posta e torri di guardia. In questa passeggiata a piedi, che fa parte delle vie Francigene del Sud, ci si imbatte nel rifugio di un illustre quanto temibile abitante di Itri. I più curiosi e amanti della storia, infatti, avranno piacere a scoprire che nel paesino nacque Michele Pezza detto frà Diavolo, brigante italiano vissuto tra la fine del 1700 ed inizi del 1800, famoso per aver partecipato ad alcuni movimenti controrivoluzionari.

Sulla collina di Sant’Angelo svetta la principale attrazione di Itri, l’imponente castello la cui storia si intreccia con antiche leggende. Si narra infatti che qui, in ogni notte buia e tempestosa che si rispetti, si udirebbero lamenti di tormentati fantasmi. Un’altra leggenda vuole che nella Torre del Coccodrillo, la torre cilindrica collegata a quella quadrata, contenesse al suo interno il temibile rettile, il quale spalancava le fauci per godere di deliziosi pasti ogni qualvolta i condannati a morte venivano buttati giù.

All’interno della fortezza medievale, oggi, si svolgono mercatini dell’artigianato locale, cerimonie e convegni. Ma al calar del sole, quando tutto si fa scuro, bisogna fare attenzione alle ombre che il castello imprigiona dentro di sé e che, forse, non restituisce più.