di La Penna

Da qui si possono apprezzare le bellezze di gran parte del Massiccio del Matese

Il primo pensiero quando si parla della Campania va al sole, al mare, all’ospitalità. Ospitalità a parte, è difficile che la mente vada subito a paesaggi montani o stazioni sciistiche, eppure sul massiccio del Matese troviamo anche questo. Noto agli amanti della montagna, dei percorsi CAI e agli appassionati cultori di bellezze paesaggistiche e tradizioni enogastronomiche, Letino è un piccolo borgo montano incastonato in un incantevole paesaggio tra laghi, boschi e vette d’alta quota, afferente al Parco Regionale del Matese ,che, con i suoi 700 abitanti circa, ha saputo distinguersi per l’ambiente naturalistico di pregio e la posizione panoramica nonché per le strutture turistiche integrate in un contesto storico culturale senza trascurare l’ambiente, il biologico e la natura.

Tra le tante suggestive località interne e montane di Terra di Lavoro e dell’Alto Casertano, il Touring Club Italiano ha riconosciuto a Letino la Bandiera Arancione n° 200, individuandolo tra i borghi eccellenti dell’entroterra italiano che si sono distinti per la loro qualità turistico ambientale e per l’accoglienza.

Il Sindaco del piccolo Borgo, Fausto Perrone, ci racconta che i tecnici del Touring Club si sono presentati diverse volte sul territorio e, in assoluto anonimato, hanno constatato personalmente ogni aspetto e caratteristica del territorio esaminando tutti i fattori inseriti nel loro modello di analisi ed interagendo con la popolazione locale, con i gestori delle diverse attività turistiche e commerciali. Alla fine del loro operato, hanno consegnato un documento ove evidenziavano punti di forza e le criticità locali che andavano migliorate e sulle quali si è cominciato a lavorare sin da subito.

Quali sono le motivazioni che hanno spinto Letino a candidarsi e ad ottenere l’ambito riconoscimento? Aderendo ad un Bando del GAL Alto Casertano, abbiamo partecipato con altri 38 comuni ma senza troppe aspettative.Solo a cose fatte, abbiamo saputo che i tecnici del TCI hanno interagito con la popolazione ed i gestori di diverse attività locali trovando certamente riscontro a quegli standard previsti dai modelli di analisi territoriale in particolare per la presenza di diverse strutture integrate nel contesto, per la promozione delle risorse locali, della cultura e delle tradizioni nel pieno rispetto dell’ambiente. Appena avuta notizia del Premio, ritirato lo scorso 8 aprile presso la Camera di Commercio di Caserta e superata l’iniziale perplessità, emozionati ed entusiasmati, ci siamo subito attivati per compensare le criticità rilevate continuando a lavorare nel miglior modo possibile.

Uno dei motivi per cui Letino ha ricevuto il premio è stata la grande percentuale di raccolta differenziata. Come viene attuata?

Siamo stati tra i primi Comuni a farla senza particolari problemi e con la massima disponibilità dei cittadini. Essendo una realtà prevalentemente agro-pastorale, la mentalità è che il rifiuto non è considerato qualcosa da buttare ma da recuperare e viene riutilizzato. Abbiamo un po’ di difficoltà d’estate quando il turista, lontano dalla nostra mentalità, scarica in modo indiscriminato e lascia segni che dobbiamo rimuovere grazie all’aiuto di appositi operatori. Ma ci stiamo organizzando anche per “educare i nostri turisti”

Quali sono le bellezze di Letino che ci invitereste ad apprezzare?

Già arrivare a Letino, che si trova a 1050 metri sul livello del mare, fa apprezzare le bellezze di gran parte del Massiccio del Matese che la popolazione residente ha saputo e voluto mantenere integre. Il centro storico ha conservato la sua caratteristica struttura con finestre, balconi e porte piccole per difendersi dal freddo; il maestoso Castello dell’XI secolo; il Santuario di Santa Maria del Castello, con la sua architettura molto particolare ed i suoi con affreschi su rame. Abbiamo ancora le Grotte di Cauto, che sorgono nei pressi del Lago di Letino dove c’è l’inghiottitoio naturale del fiume Lete. Da circa due anni, siamo riusciti a costruire una scala che permette di scendere fino a 90 metri arrivando all’ingresso delle Grotte naturali ma senza poterci addentrare per il divieto legato alla protezione dell’habitat naturale di ben 14 tipi di pipistrelli, cinque dei quali in via di estinzione, ed un fenicottero molto particolare che sembra essere fosforescente. Oltre queste specie protette, se si è fortunati, si possono vedere e sentire le aquile, soprattutto nel silenzio delle prime ore del giorno, ed i lupi che ululano di continuo e che spesso arrivano fino alle porte del paese.

Quali sono le ricchezze enogastronomiche?

Il nostro prodotto primo è la patata, coltivata nella Piana delle Secine, piantumata nel mese di maggio e raccolta a settembre, molto asciutta, che dura tutto l’anno e che è sempre stata fondamentale per l’economia locale. Fino ad un trentennio fa, i pastori scendevano a valle e barattavano patate con altri prodotti e beni di prima necessità (olio, vino ed altro) che noi non abbiamo. Ricordo contadini che arrivavano in Paese con ceste piene di fichi ed i nostri fruttivendoli li barattavano con le patate.

Abbiamo anche la segale, classico cereale dell’antichità, che siamo riusciti a mantenere nelle sue caratteristiche primitive e viene coltivato anch’esso nella Piana delle Secine. Oggi, entrambe le coltivazioni si mantengono vive grazie alla riscoperta e alla valorizzazione di tali prodotti, soprattutto nella popolazione più giovane.

Quali tradizioni o folclore caratterizza Letino?

La nostra cultura è sicuramente matriarcale e sulla donna fonda la nostra tradizione ed i nostro folclore a cominciare dal modo di vestire che è rimasta pressoché intatto fino ad oggi. O meglio, una sola donna veste ancora gli abiti tipici nella sua quotidianità ma tutta la popolazione femminile mantiene viva questa cultura durante particolari momenti della propria vita, come il matrimonio o sul letto di morte. Tutto l’abito nasce in loco, prodotto da lana di pecora, filata, tessuta, tinta e finemente ricamata; rappresentava l’intero arco di vita della donna dalla fanciullezza all’età matura. L’età, la condizione sociale ed il momento differenziavano quel modo unico e particolare di vestire a Letino; la fanciulla non indossa il panno né la mappa; la nubile indossa un costume verde con mappa e panno; il giorno delle nozze, l’abito finemente lavorato, è rosso e tale rimarrà per tutto il matrimonio a meno che non si diventi vedove e saranno sostituiti da mappa e panno neri; le zitelle hanno mappa e panno verdi. L’originalità di questi costumi, adatti al clima tipico d’alta montagna, sta nella forma strana ma piacevole di alcune componenti essenziali e nei ricami che non hanno rovescio. I colori tipici di questi costumi rimandano alla cultura greca e ai quattro elementi della natura (aria, acqua, terra e fuoco); rappresentano e costituiscono la continuità della creazione così come l’uomo e la donna, unendosi, danno continuità alla vita. Il rosso rappresenta la terra fertile; l’azzurro identifica l’acqua; il giallo rimanda al grano maturo; il verde è la vegetazione, la speranza, vita e vivacità. Un’usanza, ancora viva, è che la madre dello sposo regalasse alla giovane sposa un panno rosso semplice ove andava avvolto il bambino appena nato e che lo accompagnava in ogni evento, dal Battesimo fino alla morte.

Per tramandare questa tradizione, abbiamo voluto organizzare uno specifico corso di formazione ove l’unica testimone anziana rimasta trasmette a circa 10 giovani donne di Letino quella cultura che prima apparteneva a tutte le donne del posto e che non vogliamo perdere.

Avete in mente di promuovere il turismo?

La nostra maggiore ricchezza turistica è il paesaggio naturale ed incontaminato. Lavoriamo per mantenere e curare tali bellezze e perché il turista che arriva a Letino trovi accoglienza e ricettività, luoghi belli da visitare e cose da fare, scopra la nostra cultura e le nostre tradizioni. Ma, prima di tutto, il residente deve goderne, apprezzarlo, custodirlo e valorizzarlo.

Il bello di Letino è che il turista non s’aspetta di trovare tanta bellezza in un paese di pastori e che, invece, si è arricchito delle continue frequentazioni di viaggiatori di altre cittadine della Campania, del Molise, dell’Abruzzo o della Puglia i quali dovendo spostarsi da un posto all’altro, preferivano “tagliare” il massiccio del Matese piuttosto che fare circonvallazione, con notevole risparmio di tempo.