La storia di Leonardo Servadio, un uomo che ha saputo guardare lontano portando sempre con sé Perugia nel cuore.

Di Marco Morello

Nascere in corso Vannucci, in una stanza che si affaccia sulla piazza della Fontana Maggiore, è certamente un evento in grado di segnarti la vita. La bellezza e la storia della tua città entrano a far parte del senso stesso con il quale percepisci l’armonia del mondo. Leonardo Servadio, classe 1925, è nato nel cuore di Perugia. E Perugia, da quel momento, è sempre stata nel suo cuore. L’amore per la sua città e per la sua terra si può considerare uno dei temi principali, se non il primo, della sua esistenza. In ogni azione, di uomo e di imprenditore, ha sempre tenuto una condotta tale da poter favorire, migliorare, ingentilire la vita quotidiana dei suoi concittadini e della città.
Quella splendida vista privilegiata sul centro storico di Perugia si è trasformata in una capacità di visione che ha consentito a Leonardo, fin da giovane, di capire e anticipare tendenze e necessità di una città e di un paese che stavano cambiando.

Le origini Lavorando accanto al padre nell’azienda di famiglia che commerciava tessuti, avrebbe potuto scegliere di spendere le sue capacità per lo sviluppo dell’attività famigliare. Ma il trentenne Leonardo Servadio aveva un’innata capacità di percepire i cambiamenti in atto. Sentiva, nella sua vita e nel fermento che lo circondava, che le persone vivevano la propria esistenza in modo differente. Si preparava il boom economico degli anni ’60 e la voglia degli italiani di uscire dalla tristezza del dopoguerra affermandosi e distinguendosi anche con lo stile degli abiti, portò Leonardo a realizzare, contro il parere di suo padre, una sua idea di sviluppo industriale dell’abbigliamento.
In quegli anni ci si vestiva ancora facendo realizzare gli abiti dal sarto. Leonardo sentiva che era il momento di andare oltre e di creare un processo industrializzato per la produzione di capi innovativi che tenessero conto del nuovo stile di vita dei suoi contemporanei. Creò quindi un suo laboratorio che crebbe da uno a sei dipendenti e a breve confermò che la sua idea era giusta: c’era bisogno e c’era spazio per i pantaloni marchiati “elle-esse”, che riscuotevano ovunque un grande successo. Le iniziali di nome e cognome di Leonardo Servadio, ecco una delle grandi innovazioni, campeggiavano in grande evidenza sui capi di abbigliamento. La marca del capo, un’informazione che prima di allora veniva nascosta nell’etichetta, assurgeva a status symbol, anticipando una tendenza che poi è stata universale.

Crescita azienda Non riscriverò la storia dell’ellesse (già raccontata splendidamente da Gianfranco Ricci nel suo libro “Ellesse – Storia di un mito del Made in Italy raccontata dai suoi protagonisti”). Ma sottolineo volentieri che l’azienda crebbe da 6 a oltre 200 dipendenti e negli anni ’60 dettò la moda con i suoi pantaloni, che arrivarono addirittura a creare tendenze durature, come i pantaloni a zampa di elefante da uomo. E stiamo parlando ancora della prima fase dell’azienda, quando si occupava solo di confezioni e non si era ancora avventurata nell’innovazione del mondo sportivo. Il mondo intero era in fermento negli anni ’60. Leonardo seguiva gli avvenimenti internazionali e sentiva che la strada giusta era la crescita. Fuori dai confini dell’Italia c’era un mondo che evolveva alla velocità della luce. E per Leonardo quel mondo aveva bisogno di novità, bellezza e qualità anche nell’abbigliamento.  La grande capacità di Leonardo fu sempre quella di scegliere bene i suoi collaboratori infondere fiducia. Era in grado di incoraggiare, spronare… era il proprietario dell’azienda ma lo si vedeva in ufficio a lavorare come tutti gli altri. Girava l’Italia con la valigetta del campionario per far conoscere i suoi pantaloni innovativi e in breve i più importanti grandi magazzini d’Italia vendevano con successo l’abbigliamento elle-esse.

L’industria e la storia dell’ abbigliamento sportivo Nel 1966 la elle-esse di Leonardo acquistò 4 etteri di terreno a Ellera per costruire una vera e propria fabbrica. Divenne il quartier generale di un’azienda che fu anticipatrice in diversi campi. Fu una tra le prime aziende nel settore dell’abbigliamento, ad esempio, ad avere sedi sparse in tutto il mondo, anticipando la tendenza delle multinazionali che arrivarono negli anni successivi.
Nel 1967 la rivista francese “Elle” promosse un’azione giudiziaria perché, secondo i legali della prestigiosa rivista di moda, il marchio “elle-esse” usurpava quello della testata. La soluzione fu una variazione nel marchio, che perse una “e” e il trattino e si trasformò nello storico “ellesse” che ancora oggi distingue l’abbigliamento degli sportivi.
La storia del mitico marchio sportivo ellesse comincia adesso. Nel nuovo stabilimento, con il nuovo nome, con gli stimoli della fine degli anni ’60, con la scoperta da parte di Leonardo di nuovi tessuti e nuove modalità di utilizzarli nel mondo dello sport, nascono le grandi rivoluzionarie idee che cambieranno per sempre il mondo dell’abbigliamento sportivo. Dall’invenzione dei pantaloni da sci elasticizzati all’uso delle sponsorizzazioni come strumento di promozione, ellesse diventa un marchio planetario indossato dai più grandi sportivi e personaggi pubblici. Un’avventura appassionante che portò l’azienda, nel 1985, ad avere 1630 dipendenti tra Perugia e le sedi estere. Una storia che racconteremo e che si chiude, per Leonardo, nel 1993, quando l’azienda viene venduta a un gruppo inglese.

Il Caffè di Perugia Ha 68 anni, Leonardo, quando termina la sua avventura di industriale. Ma è solo l’inizio di altre avventure, non meno entusiasmanti. Leonardo Servadio aveva fatto crescere la sua ellesse mantenendo il nucleo produttivo principale a Perugia per continuare a dare lavoro alle famiglie della sua città. Sollevato dagli impegni di industriale, decide di fare un regalo a Perugia realizzando un suo antico sogno nel cassetto. Sul modello dei più bei locali che ha potuto frequentare negli anni in cui ha girato il mondo per la sua azienda, Leonardo vuole regalare alla città di Perugia un locale unico nel suo genere. E’ un ristorante di primo livello con chef, sous-chef e un’intera brigata di cucina, uno stuolo di camerieri, un’attenzione maniacale alla qualità dei prodotti e alla creazione dei menu. E’ uno splendido caffè con la pasticceria autoprodotta, un’enoteca con una carta dei vini da veri intenditori, una pizzeria con forno a legna… Si potrebbe definire come un “tempio del piacere enogastronomico”, dove, in un palazzetto del ‘400, si può trovare un punto d’approdo dal mattino fino a notte, per una colazione, una pausa o un pasto di prima categoria. Il sogno si realizza nel 1998 con l’apertura del Caffè di Perugia. Un locale splendido dove il gusto classico dei locali internazionali si sposa perfettamente con l’atmosfera della città di Perugia, che guadagna un posto straordinario per accogliere cittadini e turisti in un locale senza compromessi. Un ristorante che ancora oggi riscuote un grande successo specialmente tra i turisti stranieri che, al Caffè di Perugia, trovano il gusto di una cucina veramente italiana, legata al territorio umbro, con un servizio impeccabile, in un ambiente elegante. Proprio quello che voleva Leonardo: riprodurre qui a Perugia la perfezione dei locali nei quali si era trovato bene nelle grandi città d’Italia e del mondo.

Il museo del giocattolo Nel 1999, avviato il Caffè di Perugia, dopo aver dato soddisfazione ai sensi dei perugini con l’austera bellezza del ristorante, Leonardo Servadio si lancia in una nuova avventura culturale. Un museo scandinavo chiude i battenti e mette in vendita tutta la sua collezione. E’ un colossale museo del giocattolo, unico nel suo genere, con una collezione di pezzi straordinari di tutte le epoche provenienti da tutto il mondo. Leonardo lo acquista per regalarlo alla città. Perugia vive da sempre una peculiare difficoltà nell’attrarre turisti con regolarità. Leonardo ha in mente di realizzare un polo di attrazione culturale e ludico negli ex stabilimenti dell’ellesse. Il progetto non prende la strada che Leonardo avrebbe desiderato. Una piccola parte del museo viene esposta in una mostra temporanea ad Assisi, ma le vicende locali portano il museo verso altra destinazione, fuori Perugia.

La copertura di via Mazzini Una delle frasi che Leonardo amava ripetere quando gli si chiedeva se non fosse stanco di lavorare, era: “alla morte ci voglio arrivare vivo”. Continuando a seguire l’attività del Caffè di Perugia, anche dopo l’ottantesimo compleanno Leonardo non ha smesso di pensare con amore alla sua città. Non è passato giorno della sua vita che non si sia dedicato a qualche attività per la sua Perugia. Dopo il Caffè, dopo il museo, è stato il momento di un progetto monumentale: la copertura di via Mazzini. Il sogno di Leonardo Servadio: creare una piccola galleria al coperto, salotto del centro storico di Perugia, dove i cittadini potessero trovare riparo e ristoro in qualunque momento della giornata e dell’anno. Su ispirazione della Galleria Vittorio Emanuele di Milano, Leonardo ha fatto realizzare un progetto di copertura di via Mazzini, ripreso poi anche da altri attori della vita culturale perugina con un progetto avveniristico realizzato dall’architetto austriaco Wolf D. Prix. Accanto a questo progetto, uno ancora più semplice ma non per questo meno utile per la città: l’idea di sistemare, lungo corso Vannucci, panchine per consentire a chi frequenta il centro di fermarsi per godere della straordinaria bellezza del centro storico della città.

Il futuroè già qui Le idee di Leonardo Servadio nell’ambito dell’abbigliamento sportivo hanno portato innovazione e qualità. Guardando i cataloghi, i modelli, le pubblicità ancora conservate nel museo della storia di ellesse, ci si accorge che i capi di 30/40 anni fa hanno creato le basi per tutto quello che c’è adesso. Il gruppo inglese che ha raccolto l’eredità ellesse, sta recuperando oggi il design di quei capi storici che adesso tornano a essere simbolo di una genialità senza confini temporali. La visione di Leonardo Servadio è stata sempre così chiara e lungimirante che, con fiducia, aspettiamo di vedere realizzarsi, nel corso degli anni, tutte le cose che aveva immaginato e progettato. Il museo del giocattolo prenderà vita? La copertura di via Mazzini diventerà calamita di attrazione turistica e arricchirà la vita quotidiana dei perugini? Vedremo panchine lungo corso Vannucci? Il marchio ellesse tornerà a vestire gli sportivi di tutto il mondo? Aspettando il futuro, seduti per un aperitivo al Caffè che ha creato per la sua Perugia, ci sembra quasi di vederlo arrivare, alto, elegante, assorto. Dev’essere un’allucinazione dovuta alla eccessiva bellezza del centro storico, ma lo vediamo alzare un sopracciglio e con aria serissima lanciare una battuta al cameriere, che si apre in un sorriso di rimando e porta al volo aperitivo e stuzzichini, sotto il cielo azzurro di Perugia.