Una serie di quadri immaginari ma realistici per “La scelta” di Giovanni Dozzini. Lo scrittore umbro ci trasporta nella magia di un’Isola Maggiore deturpata dall’orrore nazista.
di Francesca Cecchini
Giugno 1944. Durante l’usurpazione tedesca, Isola Maggiore vive in una sorte di limbo sopportando veloci intrusioni non troppo invadenti dei nazisti. Un equilibrio (forzato) che un giorno, all’improvviso, si rompe. Una sparatoria. Un soldato tedesco muore. Il terrore, fino a quel momento arginato, invade Isola e i pescatori si ritrovano a fronteggiare una rappresaglia che si preannuncia disastrosa. Giovanni Dozzini, scrittore e giornalista perugino, affascinato da queste vicende, ne fa un romanzo, La scelta (Nutrimenti edizioni). Un libro nato dalla curiosità di conoscere una storia. A parlargliene, anni indietro, è l’amico Stefano Baffetti, autore e attore di teatro.
“Ho tenuto questa storia in un angolo finché, tre anni fa – ci spiega Giovanni Dozzini – ho sentito che era arrivato per me il momento giusto per iniziare a lavorarci”.
Ha legami particolari con Isola Maggiore?
No. Il mio legame più stretto con Isola l’ho intessuto grazie a Sergio Piazzoli. Ho iniziato a frequentarla da quando Sergio portò alla Maggiore Music for Sunset. Nello stesso periodo in cui ho conosciuto l’accaduto, stavo cominciando a subire il fascino del posto. Credo che la storia funzioni anche perché si svolge in un posto suggestivo come Isola.
Come mai la scelta del romanzo?
Inizialmente avrei voluto fare un’operazione giornalistica, tentando di risalire ai fatti realmente accaduti il più possibile, più precisi, verificati e verificabili ma, presto, mi sono reso conto che le versioni erano molte e anche contrastanti tra di loro.
Perché è una storia tramandata solo oralmente?
No, in realtà ci sono vari testi scritti da persone che, probabilmente, fecero delle ricerche sull’argomento ma, seppur testi di grande valore di testimonianza, non possono avere un valore storiografico perché gli strumenti dello storico sono ben differenti da quelli del giornalista, del romanziere ma anche e, soprattutto, di chi raccoglie testimonianze orali o di chi racconta i propri ricordi. Mi sono reso conto che sarebbe stato troppo complicato e che il racconto ne sarebbe uscito appesantito. Per questo la scelta del romanzo. Una scelta che mi ha molto soddisfatto. Avevo già scritto romanzi ed era una possibilità nelle mie corde. Ho voluto una piena libertà che altrimenti non avrei potuto adoperare se avessi usato una forma diversa. Spero di aver comunque mantenuto un equilibrio.
Il libro Traspare in effetti un equilibrio dal libro. Dozzini descrive i personaggi rimanendo lucido, rimandando al lettore un’immagine imparziale che lo lascia libero di assecondare le proprie sensazioni e, perché no, simpatie o timori. Valga per questo la figura del soldato nazista che, in quel momento storico, rappresentava “il cattivo” per antonomasia. Un “cattivo” che, però, non vive solo del suo “lato oscuro” ma ha comunque una “certa” umanità. Dalla finzione alla realtà passiamo anche per il Prefetto Armando Rocchi (personaggio realmente esistito) che, seppur nazista, non concepisce l’ideologia religiosa quale motivo sufficiente a giustificare un’uccisione. Sarà proprio lui a “tutelare” questi ebrei confinandoli nel castello di Isola. Nel libro l’accaduto, più che la guerra, provoca una veloce crescita emotiva degli abitanti, soprattutto nei giovani che, a differenza degli anziani, vivono il terrore della rappresaglia nazista nell’angosciante incertezza di un futuro che potrebbe non arrivare mai. Due i personaggi in cui questa crescita si palesa di più: Carlino, un bambino che passa dallo scorazzare in piazza all’orrore della violenza, dello stupro e dell’omicidio in poche ore, ed Enrico, un giovane isolano, all’inizio senza né arte né parte, che, a nostro parere, si rivelerà specchio dell’insicurezza di ognuno di noi e che, crediamo, sia l’assoluto protagonista della “scelta” di diventare un uomo.
Perché sottolineare, fra tanti, proprio questi due personaggi?
Sono i due protagonisti principali insieme al prete. Mentre il prete del romanzo somiglia molto all’allora parroco Don Ottavio Posta, Enrico e Carlino, personaggi di finzione, sono utili, secondo me, per dare un quadro completo del clima della vicenda ed entrambi vivono una sorta di romanzo a parte. Ho voluto tratteggiare tutti i personaggi in chiaro e scuro. E’ evidente che non esistono, così come non esistono nella vita reale degli eroi o dei carnefici a tutto tondo se non, ovviamente, qualche tedesco. Ma anche tra i tedeschi c’è un po’ di contraddizione, di indecisione.
Nella vicenda ciò che mi ha sempre colpito molto è la teorica ingenuità dei pescatori, un aspetto che nel suo libro non è sottolineato e dato per forza per scontato. Questi isolani si ritrovano a far fuggire dal castello degli ebrei a loro sconosciuti e, tra l’altro, appartenenti ad un contesto sociale ben lontano da loro. C’è un confine tra salvaguardare una vita in quanto sacra (eroismo ingenuo) e liberarsi di queste persone in quanto problema che potrebbe portare l’Isola alla rovina?
Questo concetto l’ho voluto mettere in dubbio. Come in ogni scelta credo che qualcuno l’abbia fatto per nobiltà d’animo e qualcuno possa averlo fatto per convenienza. Così almeno è nel romanzo, poi magari nella vita reale erano davvero tutti motivati dalle migliori intenzioni. Non mi interessava testimoniare la vicenda. Volevo scrivere un romanzo che avesse vita propria e che potesse essere letto anche senza sapere che è una storia realmente accaduta.