Entrata ormai nell’uso comune, l’espressione “non ho mica il Pozzo di San Patrizio” si riferisce ad una riserva misteriosa e sconfinata di ricchezze. Ma da dove nasce questo modo di dire?

di Daniele Pandolfi

La leggenda attraversa l’Europa e proviene direttamente dall’Irlanda: più precisamente da una piccola isola del Lough Derg, Donegal. Secondo quanto si tramanda in loco, Cristo indicò a Patrizio, il quale si recava abitualmente da quelle parti in preghiera, una caverna molto profonda da mostrare ai fedeli più restii per svelare le pene dell’Inferno, e dunque la sua reale esistenza. Il “Purgatorio di San Patrizio”, così denominato inizialmente, diventò un luogo di pellegrinaggio fino all’ultima delle sue tante chiusure, avvenuta nel 1780. Che legame esisterebbe dunque tra Donegal e Orvieto? Papa Clemente VII (Giulio de’ Medici), reduce dal Sacco di Roma, si rifugiò ad Orvieto e commissionò una struttura dedicata alla sua personale protezione. Qui venne reclutato Antonio da Sangallo il Giovane, il quale progettò il pozzo per garantire acqua alla città in caso di assedio o calamità. Fu a dir poco un capolavoro di ingegneria. Due scalinate elicoidali che assicuravano un verso per la discesa e un secondo per la risalita, a facilitare il percorso dei somari utilizzati per caricare l’acqua. L’opera in origine prese il nome di Pozzo della Rocca, perché molto vicino alla Rocca Albornoz. Per i più, il Pozzo rappresentava la discesa verso la purificazione dello spirito e la riscoperta di sé. Un percorso in grado di aiutare colui che non crede a svestirsi di quegli abiti opprimenti. Svelare gli occhi alla realtà. Un cammino verso l’ignoto, perché ammettere che qualcosa esista equivale a farlo germogliare nella mente di tutti. Anche dei più increduli. Ecco, dunque, perché assunse poco dopo il nome di Pozzo di San Patrizio. Se non fosse per la rigida temperatura che avvolge le ossa dei turisti man mano che ci si addentra, nulla farebbe desistere dal considerare il pozzo l’anticamera per qualcosa di più oscuro. Il fiato corto e la costante sensazione di non arrivare mai al capolinea rendono il tutto una grande metafora di quello che la vita ci riserva. Quasi viene voglia di saltare nell’acqua che scruta dal fondo nel tentativo di indovinare il desiderio nascosto dietro una moneta.

La mia, spero sia ancora lì. Un giorno tornerò a riprenderla.