Ci troviamo a Nemi, provincia di Roma, nel Santuario del Santissimo Crocefisso. In origine Chiesa di Santa Maria di Versacarro, fu fatta costruire nel 1637 da Mario Frangipane, al tempo signore di Nemi, lì dove sorgeva un antecedente eremo con cappella votiva. Ma ciò che colpisce non è solo il luogo, quanto piuttosto ciò che vi è racchiuso. Verità o leggenda non saprei, ma dove vi è l’una, l’altra è lì che attende di essere s-velata

di Daniele Pandolfi

Immerso nel barocco delle fiancate e posto a mezz’aria, al centro dell’altare fa da orizzonte un crocefisso fuori dimensioni. Un rapporto certamente voluto per dare poca profondità se visto da lontano, ma molta una volta sotto di esso. Questo è un Gesù diverso dagli altri, con dettagli inconsueti per l’epoca: a partire dai capelli ritorti perché zuppi di sangue, alla bocca semiaperta con la lingua e il palato impressionantemente realistici. Insomma, una smorfia di dolore più vicina alla sofferenza causata dalla morte su croce, molto umana e poco divina. Questo è un Gesù attorno al quale non c’è molto sfarzo, ma che si vuol credere celi all’interno del suo torace diverse reliquie di estremo valore. Tali sarebbero una scheggia del legno della croce, resti della pietra dove fu flagellato, parte del Sepolcro, della pietra dove sedette quando venne coronato di spine e provenienti anche dal Monte Golgota. L’autore di questa cupa meraviglia fu Fra Vincenzo Pietrosanti da Bassiano, già autore di altrettante. La chiesa prese l’attuale nome proprio in seguito alla vicenda che vide protagonista questo frate baciato da Dio. Di ritorno da un viaggio in Palestina, il sant’uomo porto con sé un frammento di legno proveniente dal Monte Calvario. Tornato a Nemi cominciò a scolpire. Al momento di dare un volto a questo corpo penzolante fu colto da un forte smarrimento artistico. Pregò il Signore di assisterlo durante l’ultimo sforzo. Si concesse un sonno ristoratore dunque, e al risveglio il volto del Salvatore era lì, che lo fissava, compiuto. Questa la leggenda che aiuta i fedeli a sperare e rinfoltisce la complessità del nostro patrimonio culturale. La speranza di un semplice uomo di fede, qualunque essa sia, investe il mondo della cultura e dona l’incommensurabile. Il Santuario è ancora oggi meta di pellegrinaggio da tutto il mondo.