di Ramona Premoto
Il direttore artistico Bruni: “Tanti i progetti 2015/2017, ma occhio all’arte. Bisogna tutelarla, in Umbria e in Italia sta morendo”
Ventun’anni e non sentirli. Gli Oplas salutano il loro nuovo, importante, compleanno con grande entusiasmo. Tanti i progetti futuri con lo sguardo rivolto verso il mondo. La compagnia di danza umbra negli anni ha prodotto grandi spettacoli per il teatro e per gli spazi non convenzionali a livello internazionale. I danzatori sono stati ospiti di manifestazioni culturali e rassegne nell’Unione Europea, in Europa dell’Est, nel Vicino Oriente e nell’Estremo Oriente, fino a toccare Stati Uniti e Caraibi. Da sempre, a capo dell’ ‘Opificio Per Le Arti dello Spettacolo’, il coreografo Luca Bruni e il co-direttore artistico Mario Ferrari, entrambi felici reduci dal recente debutto di “Francesco e Chiara”, il nuovo lavoro dedicato a San Francesco e alla spiritualità. “Sono nato a Perugia e cresciuto in terra umbra – spiega il coreografo Bruni – sin da giovane, molto vicino alla spiritualità francescana, ho sentito il desiderio di rendere omaggio a modo mio a questo grande personaggio che è San Francesco. Quando ci riferiamo a persone vissute in epoche così lontane, non facciamo più caso al contesto dove loro sono vissuti. Pensando a San Francesco i luoghi comuni che vengono alla mente sono quelli più noti di Assisi o Gubbio, ma personalmente sono stato sempre affascinato dal fatto che San Francesco, nove secoli fa, con i suoi occhi ammirava lo stesso panorama che anche noi vediamo ogni giorno. Sembra un’osservazione banale, ma è stupendo immaginare la sacralità di tutto ciò che lui ebbe il coraggio di dire e fare in questi luoghi ”
La danza è una delle più antiche forme espressive che l’uomo ha mai potuto sperimentare, forse ancor prima della parola stessa
E così Bruni presenta per la prima volta, nel 1994, il lavoro coreutico ‘Chiara e Francesco’, nel 2012 diventa ‘Francesco’. Oggi invece lo spettacolo prende il nome di ‘Francesco e Chiara’ e si arricchisce così di ulteriori, profondi, significati. “Lo spettacolo di danza, come ogni altra forma artistica, soprattutto in ambito contemporaneo, reca in sé messaggi più o meno facilmente codificabili – continua Bruni -. Nel nostro caso il messaggio principale sta sicuramente nella carica umana trasmessa dai danzatori: la forza del singolo che diventa ben presto gruppo, il desiderio di conoscere l’ignoto, di farne parte, il coraggio di sacrificare sè stessi. La spiritualità è parte della natura, non a caso San Francesco le dedicò un magnifico cantico. E la danza è una delle più antiche forme espressive che l’uomo ha mai potuto sperimentare, forse ancor prima della parola stessa. E’ essenza ascetica che muove il corpo umano verso esperienze cognitive sempre nuove, diverse e crescenti. Penso ai dervishi, agli sciamani, alla santeria cubana. Penso ai danzatori e coreografi che fanno quello che fanno per profonda necessità espressiva e comunicativa, e non certo per lavoro. La danza è un privilegio riservato ai “veri” artisti che hanno il dovere di condividerlo con gli altri. Solo nella condivisione la danza si completa come forma artistica e diventa poesia, preghiera, diventa pura spiritualità”. Ma questo privilegio chiamato danza costa sudore quotidiano, tanta costanza e a volte qualche muro di noncuranza: “La situazione della danza in Umbria rispecchia purtroppo la tragedia italiana, con sfaccettature ancora più cruente – denuncia il coreografo Bruni -. Non c’è nessuna attenzione e prevalgono così approssimazione e improvvisazione. Chiunque ogni mattina può svegliarsi e dire di essere coreografo o danzatore anche se non ha mai fatto nulla o davvero molto poco per diventarlo! Non esiste una categoria, una corporazione che protegge quest’arte che si sta “imbastardendo” sempre di più. E ahimè anche l’Umbria vanta diversi casi di aberrazioni simili”.
“Con la danza non si diventa ricchi in termini economici, ma in termini umani e spirituali sì”
Ma allora per i giovani che coltivano il sogno di calcare un palcoscenico non c’è proprio nessun futuro? Bruni è schietto a riguardo: “Sono sempre molto chiaro nel dare un consiglio a coloro i quali vogliono intraprendere la professione del danzatore – risponde il direttore artistico degli Oplas –. Bisogna avere chiare le proprie aspettative perché con la danza non si diventa ricchi in termini economici, ma umani, artistici, filosofici e spirituali. La danza è una passione che richiede abnegazione, rigore, capacità e studio. Poi, per necessità, diventa professione e come tale dovrebbe essere tutelata e sostenuta, ma in Italia purtroppo rappresenta il settore di principale precariato”. Ma parlando dei 21 anni di spettacoli, viaggi e onorificenze, Luca Bruni guarda ai progetti futuri degli Oplas ed ecco che intravede una via d’uscita: la rivoluzione. “Gli anni che ci si prospettano innanzi sono, come sempre, ricchi di aspettative perché infinito è il percorso di indagine che un artista ha davanti a sé. Nell’immediato stiamo programmando gli impegni 2015/2017 pensando oltre confine a progetti di cooperazione internazionale. Stiamo costruendo lavori che ci possano permettere scambi conducendo qui in Umbria colleghi che condividono la nostra stessa filosofia, e viceversa. Infine ci stiamo concentrando nel valorizzare la struttura che ci ospita da ben 15a nni, il Centro Culturale Oplas, al cui interno alloggia lo splendido teatro Domenico Bruni che ha accolto il nostro ultimo spettacolo ‘Francesco e Chiara’. Il prossimo anno entrerà in vigore una nuova legge sullo spettacolo dal vivo, per decreto ministeriale, ma già soffiano venti non proprio incoraggianti. Quindi spenderemo le nostre energie per continuare ad inserirci nei contesti internazionali visto doloroso, declino artistico. Probabilmente noi non vedremo il sorgere di una nuova epoca, a meno che tutti insieme non si decida di fare una vera rivoluzione alla francese. Potrebbero cadere delle teste ma, detto tra noi, sarebbe anche ora!”.