di Pier Paolo Vicarelli
Allieva prediletta di padre Diego Donati, il frate incisore di Monte Ripido, Serena ha appreso tecnica e spiritualità
Soave, come la prima luce di mattino. Silente, come la brezza di primavera. Sono le prime intricanti impressioni che nascono osservando la pittura di Serena Cavallini. In essa si riflette la sua dolcezza e il suo sguardo garbato. I suoi tratti d’arte e la sua personalità sono complementari. Gli uni non possono fare a meno dell’altra. La delicatezza dei suoi dipinti non nasconde linee e colori anche decisi che mai si impongono, semmai accolti da uno sguardo lusingato, quasi rapito. Immagini naturali vestite come un messaggio d’amore, trasmesso con mano discreta, eppure colma di sentimenti. Dietro le sue acqueforti, ogni paesaggio, ogni sfumatura, ogni chiaroscuro, riflette la sua anima, la sua sensibilità che ci accoglie ammorbidendo ogni profilo, ogni suo ritratto, quasi a condurci verso aneliti di bellezza donata con la generosa forza della passione. Si può rimanere piacevolmente persuasi dalla semplicità con cui Serena Cavallini declina la sua arte pittorica sino a trasformarla in versi. Tratti di pennello che divengono rime figurate che scorrono lungo i profili pastello dei paesaggi della sua terra, suadenti come il suo sorriso, trasparenti come l’acqua marina dei suoi occhi. Occhi che trasmettono una ricchezza e una vitalità che sembrano non invecchiare mai, sempre pronti a celare qualcosa di nuovo. Cresciuta nel circolo culturale del bravissimo poeta perugino Bruno Dozzini, Serena è oggi una delle custodi più preziose di quella cultura. Impossibile non ricordare le sue illustrazioni realizzate sul libro che lo stesso Dozzini pubblicò per il Museo Etrusco di San Domenico.
E’ una mano pregiata, quella della Cavallini che il maestro Giuseppe Fioroni non esita a definire “fatata”, in grado di riprodurre su un foglietto antiche teche o urne Etrusche con un tocco di magica grafia. Oltre che nella disciplina pittorica la Cavallini sa cimentarsi con grande abilità anche nelle creazioni grafiche. Quello che stupisce di lei, oltre alle sue opere ad olio e tempera, è la sorprendente semplicità con cui fa scorrere la sua matita dalla quale a poco a poco emerge il soggetto, quasi sempre manifestazione del suo spirito francescano misticamente ispirato all’Umbria. Dalla sua terra Serena Cavallini sembra avere ereditato il carattere sublime di generosa bellezza, manifestata attraverso i suoi componimenti d’arte come pensieri a forma di immagini e volti circondati dalla natura, dalla storia e da frammenti di mistero. I suoi 13 ritratti della raccolta “A passo d’uomo”, pubblicata nel 1989, hanno il sapore delle scaglie di un enigma, commenta Claudio Marabini. Dal bambino al vecchio, dalla ragazza alla madre, dal giovane inesperto al pensatore preoccupato. In ogni volto c’è una verità che emerge fra infinite tonalità di grigi; volti che scandiscono storie nascoste nel mistero della vita. La ritrattistica di Serena Cavallini si distacca dalle notazioni fisionomiche per risalire la via impervia della ricerca poetica che ci restituisce non l’effimera apparenza, ma l’anima del soggetto. L’arte della Cavallini però non si ferma al tratto e al pennello, la sua penna sa disegnare poesie, fermare i suoi sentimenti nelle parole e mutarli in versi.