Un concerto di Natale speciale a Spoleto vedrà protagonista uno dei compositori italiani più amati, Giovanni Allevi, in un live durante cui il Maestro ripercorrerà venticinque anni di carriera come “un’anima dannata aggrappata ad un pianoforte”
di Francesca Cecchini
Londra, Zurigo, Bruxelles e Spoleto tra le città che verranno toccate dal Celebration European Tour del compositore Giovanni Allevi. In occasione dei venticinque anni di attività live, infatti, il Maestro si esibirà in una serie di concerti durante cui riprenderà la sua dimensione magica ed intima del pianoforte solo ed eseguirà quei brani che lo hanno reso uno dei compositori italiani più apprezzati anche a livello internazionale. Molto atteso, Allevi arriverà al Teatro Gian Carlo Menotti il 23 dicembre nell’ambito della stagione Umbria Eventi d’Autore promossa dall’associazione Umbra della Canzone e della Musica d’Autore, e degli appuntamenti natalizi del Comune di Spoleto. In Umbria, abbiamo avuto il piacere di ascoltarlo da poco in un doppio concerto al Teatro Morlacchi di Perugia durante cui ha spiegato al pubblico che l’amore, così come le sue intuizioni, nasce da piccoli e grandi gesti improvvisi che si palesano nel vissuto quotidiano.
In venticinque anni di carriera ovviamente, immagino, ne avrà vissuti in grande quantità. Ce n’è uno che si sente di condividere con noi?
Ero a Kyoto l’estate scorsa, davanti ad un binario, e stavo guardando la gente accalcata dall’altra parte. Ho provato un senso di solitudine nel vedere tanti giapponesi, così diversi da me, ognuno preso dai suoi impegni, in un luogo tanto lontano dalle mie radici. Nella folla affaccendata ho notato una bimba che stringeva la mano della madre, seria in volto. Con l’altra mi faceva “ciao”. Ho fatto fatica a credere che fosse vero! Poco dopo le ho rincontrate, sempre per caso, ed ho scoperto che la bambina era stata al mio concerto il giorno prima. Questo piccolo episodio mi ha reso consapevole dell’enorme potere della musica di avvicinare e di parlare una lingua comune a tutti gli uomini.
Durante i suoi concerti condivide con il pubblico dei pensieri non solo legati alla musica ma ricordi e aneddoti della sua vita personale che, secondo me, fanno avvicinare l’ascoltatore, oltre che al compositore, ancor più a Giovanni. In quell’attimo c’è una condivisione di sentimenti ed esperienze che rispecchiano il quotidiano di ognuno di noi: cene di famiglia, il profumo di un fiore o della terra rigogliosa, attimi di gioia, sensazioni… Come riesce a lasciarsi andare tanto da creare questa intimità unica nel genere? E quanto, questa intimità, è importante per lei?
Sarà che rifiuto questo mondo contemporaneo, finto e luccicante, fatto di continui successi sbandierati, che sempre più ho bisogno di isolarmi. Passo mesi interi limitando al minimo le parole, e negli ultimi anni, durante i concerti faccio una grande fatica a parlare, a raccontarmi, tanto da desiderare di farlo esclusivamente tramite la musica. Ho esposto questa mia debolezza recentemente alle persone che mi seguono su Facebook ed ho ricevuto in cambio centinaia di riflessioni dalla bellezza disarmante. Per questo, forse durante il concerto non parlerò, lasciando che sia l’ascoltatore il vero creatore del proprio mondo immaginativo. Ma la mia è una decisione ancora provvisoria.
Facciamo un salto indietro nel tempo e invertiamo le posizioni. Giovanni Allevi si siede in platea. Un grande compositore della storia della musica è sul palco e si racconta. Chi è questo musicista?
Chopin fece il suo ultimo concerto a Londra. Nessuno aveva acquistato i biglietti poiché tutti si erano mossi per andare ad assistere ad una manifestazione popolare lì vicino. George Sand, che lo amava ancora, anche se lo seguiva a distanza, regalò dei biglietti ai passanti, per evitargli l’umiliazione della sala da concerto completamente vuota. Ecco, avrei voluto essere uno spettatore di quel concerto, incontrare Chopin e rassicurarlo sul fatto che un giorno sarebbe stato riconosciuto come uno dei più grandi geni musicali di tutta la storia dell’umanità.
Nel 2015 arriva in libreria Vi porterò con me. La mia vita con la musica (RaiEri). Come nasce l’esigenza, se così possiamo definirla, di scrivere il libro?
Forse è l’esigenza di non essere frainteso. La mia vita artistica è un simpatico disastro! Mi vengono attribuite frasi che non ho mai pronunciato, vengo descritto come un megalomane borioso, è stato addirittura diffuso un mio finto curriculum. In questo mondo, dove la comunicazione ha preso il posto della vita reale, dove ciò che si dice non importa se abbia un fondamento, ho tentato di raccontare ciò che ho realmente vissuto e ciò che davvero si agita nel mio cuore. Non per celebrare me stesso, ma per condividere, con chi vorrà, i pensieri di un sognatore incompreso.
“Come artista ho il dovere di andare dove nessuno ancora”, scrive nel volume. Fin dove vorrebbe spingersi?
Se penso ad una sinfonia di Beethoven, o alla Quarta Ballata di Chopin, mi rendo conto che oggi la musica si è contratta, appiattita, omologata, pur raggiungendo numeri da capogiro. Il mio sogno irraggiungibile è quello di rimettere in gioco le dilatate forme classiche, e di lottare contro la logica dei numeri, per cui un’opera d’arte è tale soltanto se ha un largo consenso. Anzi, comincio ad essere convinto dell’esatto contrario. Facciamo qualcosa di incomprensibile, ma che sia una diretta emanazione della nostra natura più profonda!
Qualche anticipazione su ciò che il pubblico ascolterà e vivrà durante il suo concerto a Spoleto?
Sarò un’anima dannata aggrappata ad un pianoforte.