Un tempo battezzata Isola Eea, e abitata da una donna, dea e maga. Si chiamava Circe e la sua dimora si trovava sul picco più alto del promontorio. Di lei si narra nel poema omerico, in merito allo sbarco del prode Ulisse, Re di Itaca, approdato sul litorale all’altezza dell’attuale Torre Paola con due scialuppe
«Sei dì navigammo, e notti sei;
e col settimo sol della sublime città
di Lamo dalle larghe porte,
di Lestrigonia pervenimmo a vista »
Omero
di Daniele Pandolfi
La prima scialuppa, guidata da Euriloco, andò incontro ad una sciagurata fine. Attratti nella tana dalla femme fatale, i marinai vennero drogati con l’inganno e trasformati in porci. Il solo Euriloco si salvò per avvisare in tempo il suo Re. Di lì a poco Ulisse cavalcò l’ombra lasciata dal compagno, deciso a salvare il resto del gruppo e affrontare una volta per tutte la maga. Propizio lungo il cammino fu l’incontro col dio Hermes. Quest’ultimo informò Ulisse sui poteri della donna, fornendo all’eroe il rimedio ai suoi sortilegi: un’erba portentosa che cresceva sul promontorio. Arrivato al castello di Circe, immerso in un folto bosco abitato da animali di ogni razza e genere, Ulisse venne invitato ad entrare. L’intruglio gentilmente offerto dalla maga non ebbe successo su di lui, che si scagliò con tutta ferocia sulla donna. Intimorita, lei giurerà eterno amore ad Ulisse salvando i suoi compagni da un futuro a quattro zampe.
La vicenda, più lunga di quanto molti sappiano, durò per un lungo anno. Ulisse e Circe ebbero un figlio, Telegono. Altri narrano che i figli siano stati due, Anzio e Latino. Insieme dominarono sul Tirreno. Spinti dal desiderio di tornare in patria, i prodi condottieri supplicheranno Ulisse di tornare a casa. Come raccontato da Omero fu lungo e tortuoso il viaggio per tornare alla loro amata Itaca. E così Circe, di nuovo sola, rimarrà a contemplare il cielo, figlia del Giorno e della Notte, lasciando la sua “sindone” sul profilo del Monte Circeo.