La storia della Libera Università di Santa Cristina, tra voci, pregiudizi, leggende, stranezze e normalità. Non è facile spiegare cosa sia, c’è chi crede che Alcatraz sia un posto tutto alternativo, un po’ frikkettone e potrebbe rimanere deluso…
di Massimo Pistolesi
C’è chi crede che tutto sia casuale. Chi pensa che siamo artefici del nostro destino e chi è convinto che siano entità superiori a decidere per noi. Fatto sta che a volte la nostra vita prende direzioni che non ci saremmo mai immaginati. Così, magari ci si innamora di una ragazza, si va a casa di amici e si conosce una zona dell’Umbria verde e rilassante e si decide, proprio con quella ragazza, di andarci ad abitare. E se poi lei se ne va, se l’amore finisce, il progetto di vivere tra quelle colline boscose tra Perugia e Gubbio non va a rotoli. Anzi, continua e diventa un vero e proprio stile di vita, ma anche un’attività e molto più. E’ un breve, impreciso, approssimativo riassunto di quanto accaduto 30 anni or sono a Jacopo Fo. Lo racconta lui stesso mentre siamo seduti intorno al tavolo del ristorante ad Alcatraz. La struttura nata dalla sua volontà e che pian piano, come animata da vita propria, si è trasformata diventando anche più di quel che lo stesso Fo poteva immaginare: “Sono molto contento di quello che Alcatraz è diventato”.
Non è facile spiegare cosa sia. Chi crede che sia un posto tutto alternativo, un po’ frikkettone, potrebbe rimanere deluso. Non a caso una turista dopo aver passato qualche giorno tra le colline eugubine di Santa Cristina, dove Alcatraz è adagiato, ha lasciato un commento su un blog dicendo: “Sono troppo organizzati”. Un’affermazione che fa piacere a Fo che ammette sorridendo: “Finalmente ce l’abbiamo fatta”. Ma considerare Alcatraz solo un villaggio vacanza, sarebbe riduttivo. E’ vero che si può andare lì, riposarsi e anche non fare nulla come si dice sul sito ufficiale. Oppure partecipare ai tanti corsi che vengono organizzati e che spaziano dall’ormai stra-noto Yoga Demenziale al corso di cucina, passando per laboratori artistici, corsi in acqua calda, festival musicali, tai chi e i nuovi happening di vario genere, con insegnati (lì non ci sono Guru) di tutto rispetto. Ma Alcatraz è anche un modo di pensare, di vedere l’economia, di ragionare sull’energia e l’ambiente. Una rete che si è creata nel tempo che mette in contatto tra loro professionalità ed esperienze diverse. Non a caso la struttura si è vista assegnare qualche mese fa il Premio Clima, ultimo di una lunga serie di riconoscimenti.
Se si dovesse definire la Libera Università di Alcatraz in poche parole cosa si potrebbe dire? Jacopo Fo, tra un raviolo ripieno di rapa rossa con semi di papavero e una cipolla fritta, prova a farcelo capire: “E’ un centro culturale che ha spazi per dormire, mangiare divinamente, tenere corsi eccetera.. Alcatraz non è né un partito né una setta. Pratichiamo la buona cucina, le buone maniere, la comicoterapia e, a volte, il buon senso. Non abbiamo sistemi per risolvere il problema della morte e del dolore ma pensiamo che in compagnia si soffra meglio”. E così, oltre ad una moneta propria, Alcatraz ha anche (e soprattutto) uno statuto che dal 1981 ad oggi, non è stato mai modificato e che va da affermazioni come “la vita è bella ma gli spaghetti sono migliorabili” a “la violenza è inutile ma, soprattutto, faticosa” senza tralasciare un punto fondamentale per gli amanti del riposo “l’universo adora chi dorme”. “Di questo posto – racconta Fo – si è detto e pensato di tutto. C’è chi ha portato persone con problemi psichici e lo ha lasciato qui scappando. Ma non siamo una struttura di recupero, non abbiamo personale adatto in questo senso. E’ un posto per molti, ma non per tutti. Non lo è per chi non vuole sentirsi “a casa”, ma cerca un posto dove farsi trattare magari con falsa cortesia, anche soltanto per provare l’effetto che fa! E’ un posto dove si possono fare molte cose, ma non tutte”. E’ per questo che anche sul sito internet si cerca di far capire cosa Alcatraz non sia visto che arrivano le voci più disparate sul loro conto. Dunque va precisato, e magari molti rimarranno delusi ma le cose meglio saperle prima, che: non si fa scambio di coppie; non gira droga (leggera o pesante che sia); non si fanno corsi che risolvono il problema del buco nell’ozono imponendo le mani verso l’alto (o verso il basso); non sequestrano i telefonini, nessuno corre urlando o balla tutto nudo. Almeno dicono di non farlo e onestamente noi non abbiamo visto nulla di tutto questo. Quanto alle donne nude Fo precisa “C’è un locale con il nome simile al nostro, e alcuni hanno pensato che il night con le spogliarelliste sia qui. Ci dispiace ma neanche questa è vera!!!!”. Insomma ad Alcatraz non si registra niente di strano, ma si sa l’impresa eccezionale oggi è essere normale. Beh, se siamo riusciti a farvi capire di cosa stiamo parlando, potete andare a passare qualche ora o qualche giorno lì: a seguire un corso, a scambiare 4 chiacchiere o magari a stare in silenzio. Se invece non siamo stati esaustivi, motivo in più per andare a toccare con mano e cercare di scoprire come si passi il tempo nella Libera Università. Se poi vedete qualcuno ballare veramente nudo, fatecelo sapere.
Intervista tratta dal numero di ViewPoint cartaceo di agosto 2011