di Marco Morello
Una fonte miracolosa, un luogo di facile accesso, un bosco di pace e silenzio
Sotto un cielo sfacciatamente azzurro, alla ricerca della grotta di un eremita, Bibo mi ha portato a scoprire il territorio intorno alla perla di Sellano.
Danneggiato dai terremoti del ‘97 e del ‘98, il paese è stato sapientemente restaurato e oggi si presenta come un ordinato taglio di pietra rosa nel verde della valle del Vigi, a nord della Valnerina.
Sellano è un borgo dall’aspetto tardo medievale che deve la sua bellezza innanzitutto alla sua natura di fortificazione e in secondo luogo al territorio in cui sorge, ricoperto di boschi per il 60% della sua estensione. Costruito in età romana sulla cresta di una costa della valle del fiume Vigi, Sellano, come il vicino Montesanto, grazie alla posizione dominante ha assunto fin dal medioevo un grande valore come baluardo di difesa di un territorio molto ambito (per le sorgenti delle acque e per l’attività estrattiva che alimentava le fabbriche di lime e di raspe).
La chiesa di Santa Maria, nel cuore del paese, fu edificata nel XIII secolo e ricostruita nel XIV. In un’urna di vetro e metallo dorato posta in una navata laterale vengono conservate le spoglie mortali del Beato Giolo. In agosto, nella prima domenica successiva alla festività di San Lorenzo, i pellegrini si recano in un bosco sulla costa del monte Iugo, nella frazione di Forfi, da dove parte un breve sentiero che porta alla Grotta del Beato Giolo, ove l’eremita visse fino al 1315, anno della sua morte.
Personaggio vicino alle famiglie nobili del tempo, per sfuggire alle tentazioni della vita materiale si diede alla vita eremitica e la sua persona si ammantò di mistica sacralità per i miracoli che gli furono attribuiti. Si tramanda infatti che fece sgorgare l’acqua da una parete di roccia vicino alla sua grotta e che un pellegrino rognoso trovò piena guarigione lavandosi in una pozza d’acqua trovata nel rifugio del beato. La pozza d’acqua esiste ancora oggi e raccoglie l’umidità che trasuda dalla pietra della grotta. Un altro episodio che incendiò i cuori dei fedeli fu quello delle braci: per riscaldarsi, il beato chiese in elemosina delle braci che trasportò ripiegando la sua tonaca. L’abito, miracolosamente, non prese fuoco. Per la tradizione popolare il controllo sull’acqua e sul fuoco sono elementi indispensabili a sottolineare lo stretto legame del beato con il divino.
Alla sua morte, nei pressi della grotta venne costruito il piccolo oratorio di San Lorenzo, oggi pericolante. Qualunque sia l’approccio a questo luogo, va sottolineato certamente che la quiete del bosco, l’assenza di segni visibili dell’uomo, i suoni della natura, l’intenso verde a perdita d’occhio della vegetazione al di fuori della grotta, rendono questo eremo ricco di una placida energia positiva. I luoghi scelti dagli eremiti sono certamente ricchi del potere mistico che scaturisce dalla storia dei personaggi. Però è indubbio che sono luoghi speciali anche a prescindere dal valore mistico degli eremiti che ci hanno vissuto, eremi scelti da persone dotate di una sensibilità speciale per trovare equilibrio e armonia e avvicinarsi al mistero di Dio.
Bibo mi porta in questi luoghi con la passione di un ragazzino e con il rispetto di un vecchio saggio. Esperienze che possono essere vissute da qualcuno per il valore mistico e da tutti per la splendida sensazione di benessere e armonia che lasciano nel cuore.