Pensi ad una scuola di musica e ti viene in mente un luogo al chiuso, pieno di strumenti, spartiti, docenti, ed invece ti ritrovi al CET, Centro Europeo di Toscolano, un posto meraviglioso immerso nella campagna umbra vicino Terni, in una tenuta di un centinaio di ettari chiamata “Tenuta dei Ciclamini” che emana pace e tranquillità da ogni suo centimetro. E’ proprio qui che nel 1992 Giulio Rapetti, alias Mogol, si è trasferito abbandonando la caotica vita metropolitana per fondare il CET, un’associazione a carattere no-profit creata per valorizzare e qualificare nuovi professionisti comunicatori ad ogni livello.
di Barbara Maccari
Si tratta di una scuola di perfezionamento musicale in cui si tengono diversi corsi: corso di perfezionamento per interpreti, per autori di testi, per compositori di musica leggera, per arrangiatori di musica leggera, per arrangiatori di musica da film e per tecnici del suono. Una scuola creata quindi per coinvolgere mente, anima e corpo e dotata di strutture all’avanguardia.
Come è nata l’idea del CET e perché la scelta dell’Umbria come sua sede?
“La scelta dell’Umbria non è stata teorica, ho girato l’Italia alla ricerca di un luogo dove costruire il CET e mi sono imbattuto in questa splendida terra. L’idea di creare una scuola per giovani artisti è nata dalla convinzione che si stia perdendo, già da almeno venti anni, la cultura popolare ed ho pensato che l‘unico modo per arginare la situazione, visto che la cultura popolare è fondamentale, era questo, di realizzare qualcosa per gli artisti emergenti”.
Cosa ha di diverso il CET rispetto alle altre scuole di musica?
“Nella nostra scuola non si insegna solo a cantare ma si preparano gli artisti a livello internazionale; il docente con la nostra tecnica aiuta l’allievo a crearsi un proprio linguaggio, analizzando prima quello dei grandi artisti italiani ed internazionali. Da questo punto di vista quindi non abbiamo molte scuole concorrenti”.
C’è un criterio nella scelta dei giovani allievi per l’ingresso alla scuola?
“I ragazzi vengono selezionati sulla base delle loro capacità qualitative. Per offrire a tutti quelli meritevoli la possibilità di poter entrare nella scuola molte regioni italiane offrono borse di studio. L’anno scorso si sono diplomati in cento, quest’anno abbiamo raddoppiato e abbiamo toccato quota duecento”.
Come si svolgono i corsi?
“La nostra scuola è organizzata secondo il modello di college americano. I corsi vengono realizzati con 12-15 giorni full immersion settimanali suddivisi in tre periodi di cinque giorni nell’arco di tre mesi, con successivi compiti ed applicazioni teorico-pratiche, con indicazioni e strumenti forniti dalla scuola. La nostra didattica consiste nell’impartire agli allievi delle notizie e fornire loro dei mezzi tecnici che si portano poi a casa, come una sorta di sala d’incisione portatile con tutto già preparato, dopo un mese tornano e fanno ascoltare il loro lavoro al docente”.
Qual è la giornata tipica dell’allievo del CET?
“La giornata è suddivisa in due lezioni giornaliere di quattro ore. Tra una lezione e l’altra pranzo e cena vengono serviti tenendo sempre conto della sana alimentazione, allo scopo di mantenere alto il livello di attenzione durante i corsi e di raggiungere l‘equilibrio giusto tra mente e corpo. Al termine della lezione pomeridiana cerco di indirizzare gli studenti allo sport, ma spesso faccio un po’ di fatica perché sono tutti molto più innamorati della didattica e della musica”.
Chi si diploma al CET riesce poi ad inserirsi nell’ambito mondo della musica?
“L’inserimento nel mondo della musica dipende dal successo, il nostro obiettivo non è però assicurarlo, ma promuovere il livello artistico. Non siamo una macchina per il successo. Ad esempio Arisa è stata l’unica nostra allieva a Sanremo, ammessa oltretutto per caso, ma ha avuto un enorme gradimento. Chi viene qui lo fa per passione e se avrà l’occasione giusta riuscirà sicuramente a mettersi in mostra. Per un artista vero la qualità è più importante del successo, altrimenti non potrà durare più di due tre mesi”.
Dall’alto della sua esperienza come giudica il livello attuale della musica italiana?
“Lo giudico come voi giornalisti (ride). Non ci sono giovani che mi hanno colpito, se faccio poi il paragone con i ragazzi che ho qua, che sono molto bravi, mi sento ancora peggio. Da dieci anni a questa parte non c’è nessuno di grande livello, vedo tanta promozione ma poca qualità”.
C’è secondo Giulio nel 2010 un nuovo Mogol?
“Un nuovo Mogol no, ma per il semplice fatto che ognuno di noi è irriproducibile, non c’è una persona, un artista uguale all’altro, ma credo che ci siano comunque autori che si avvicinano e superano anche Mogol. Su invito della regione Valle d’Aosta ho creato il Premio Mogol, che va in televisione in prima serata. E’ un premio importante, sia economicamente che per il prestigio, ricordo le parole di Jovanotti che disse “E’ stato come se avessi vinto il Nobel”. E’ fatto per incentivare la cultura, è una targa in oro del valore di 20 mila euro, ed è un premio che non si vince con la raccomandazione, neanche politica, lo do io, ed ho chiesto lo statuto proprio per questo”.
Progetti futuri come Mogol?
“Ho scritto un’opera lirica con Gianni Bella orchestrata da Jeff Wesley; l’ouverture è stata registrata dall’Orchestra Regio di Parma ed abbiamo inciso l’opera a Brno. Ci sono grandi artisti come Michele Pertusi, basso – baritono alla Scala di Milano, al Metropolitan di New York, ed è un’opera che incanta tutti, i direttori di teatro, i musicisti, perfino il Maestro Pavarotti quando era ancora in vita ascoltò le melodie, ancora i testi di Bella non c’erano, ma disse che era un’opera incantevole”.
E come CET?
“Oltre alla scuola il CET è anche sede di numerosi ed importanti convegni. Uno spazio importante lo occupa la medicina, abbiamo creato un gruppo di ricerca per valutare l’efficacia di cure alternative con Luc Montagnier, Girolamo Sirchia, Ignazio Marino. Altro progetto a cui tengo molto è la creazione, assieme all’ospedale di Terni e ad un team di esperti, di un centro sull’obesità giovanile. Grazie alle strutture presenti nel nostro centro, piscine, palestre, aree verdi, possiamo ospitare chi è in difficoltà, ma oltre la terapia sarà importante portare avanti anche la ricerca”.