La nuova opera di Fabrizio Bandini, scrittore, poeta e saggista di Città di Castello

Come sono le donne? Chi ne conosce i segreti? Con quali parole sono state raccontate dalla letteratura? Fabrizio Bandini, scrittore, poeta e saggista di Città di Castello, proprietario della perugina Midgard Editrice, ha appena pubblicato “L’archetipo della femme fatale e la crisi del patriarcato”. Nelle sue pagine ha tracciato un disegno avventuroso e avvincente che ritrae la figura femminile dominatrice, lussuriosa e perversa in varie epoche e contesti socio-culturali. Nel testo ci sono la belle dame sans merci e le altre, la Venere in pelliccia durante la decadenza del patriarcato, le femmes fatales e dive del cinema ed infine le ninfe e la rivoluzione femminista. Un mondo che pochi hanno osato analizzare, ma che è interessante scoprire perché vi è un filo rosso che lega le donne fatali sia che esse arrivino dalla Grecia arcaica o dalla Roma antica o che siano raccontate nell’epica germanica e nel mondo celtico.

L’archetipo della femme fatale, com’è nata l’idea di dedicarle un libro?

La figura della femme fatale mi ha sempre colpito e inquietato devo dire, sin dall’adolescenza. In due miei racconti, “La Caduta di Caucasia” e “La Saga degli Alburni”, appaiono delle figure di donne fatali. Studiando Cesare Pavese, a cui ho dedicato un saggio anni fa, mi sono ritrovato di fronte a varie figure di donne destinali e fatali. Ecco dove uno si gira se le ritrova davanti. D’altronde la presenza della femme fatale è così forte nella cultura occidentale degli ultimi due secoli che è vano far finta di non vederla. Da parecchio tempo volevo dedicargli un saggio ed ora è arrivato.

A spasso nel tempo, come racconteresti la donna fatale dei nostri giorni?

La donna fatale dei nostri giorni è sicuramente diversa da quella ottocentesca, c’è stata una rivoluzione dei costumi in Occidente, il femminismo, il declino ancora più netto del patriarcato e l’affermarsi di tesi matriarcali. E’ quindi diversa e più forte, sicuramente. Ma la sua struttura ontologica, oserei dire, archetipale, rimane sempre quella. La femme fatale si declina sempre in donna artemidea, afroditica e demetrica. O l’una o l’altra.

Tra tutte le donne di cui hai letto, quale ti colpisce di più?

Beh, è difficile fare una graduatoria delle donne fatali. Comunque credo che la Wanda de “La  Venere in pelliccia” di Sacher Masoch e la Conchita de “La donna e il burattino” di Pierre Louys sono quelle che mi hanno colpito di più negli anni scorsi.

Nella letteratura decadente la femme fatale si concretizza in antitesi agli uomini timidi, esclusi dalla vita… Chi sono? Esistono ancora?

Sì, nella letteratura decadente spesse volte la femme fatale è contrapposta a uomini deboli e sottomessi al suo fascino. D’altronde in epoca di crisi del patriarcato, del maschio, è facile che si proponga una simile scena. Di uomini deboli nei nostri giorni ne abbiamo a bizzeffe, tutta una categoria che è stata travolta dal femminismo e dai cambiamenti culturali in corso. Ma nella letteratura, antica e moderna, non sempre la donna fatale incontra uomini deboli, talvolta si imbatte anche uomini forti, in degli eroi, e allora il combattimento si fa più interessante, seppur tragico. Penso ad Eracle e a Sansone, due tipiche figure di eroi solari.

Ci sono donne irraggiungibili? C’è, secondo te, un “luogo” nella donna in cui mai nessuno potrà accedere?

Donne irraggiungibili? Non so dirti. In ogni caso non sarei così netto con i giudizi. Credo che in terra quasi tutto sia più o meno raggiungibile. Sicuramente l’anima femminile spesse volte sfugge agli uomini e nei suoi più intimi recessi non si riesce ad entrare. Così i modi di ragionare delle donne, talvolta ci appaiono davvero poco comprensibili. Ma a tutto ciò c’è una spiegazione, siamo differenti, ed in fondo è bello così.

[print_gllr id=1879 display=short]