L’incertezza del rapporto si confronta con la consapevolezza di una realtà cinica. In scena a Todi l’incontro-scontro sociale ed emotivo di due fratelli alla ricerca di un legame che stenta a confermarsi e si dipana in un senso di mancanza incolmabile.
di Francesca Cecchini
Sarà “Il legame (Le Lien)” dell’autrice francese Amanda Sthers, mai tradotta né rappresentata in Italia, in anteprima nazionale a tagliare il nastro della XXX edizione del Todi Festival sabato 27 agosto al Teatro Comunale (ore 21). Un duplice debutto, dello spettacolo e della traduzione del testo, per una storia che viene così svelata al festival in tutta la sua completezza. Lo spettacolo è la storia di due fratelli in età adulta che s’incontrano per la prima volta a due giorni dalla morte del padre. Figli di due famiglie diverse, una ufficiale e una clandestina, si ritrovano al centro di un rapporto frutto dell’atteggiamento di un padre che, per leggerezza ed egoismo, li ha lasciati crescere nella menzogna e nella mancanza d’amore. Entrambi sono stati feriti profondamente, entrambi devono fare i conti con un vuoto affettivo che devono e vogliono riempire. A spiegarci questo originale (non) legame tra i due sono gli interpreti Francesco Bonomo e Lucia Bendia che per la prima volta arrivano sul palco tuderte.
Cosa vedrà il pubblico in scena?
(Francesco Bonomo) Due fratelli si incontrano a due giorni dalla morte del padre. Un padre che ha avuto una doppia vita. Una con la famiglia ufficiale più borghese, più strutturata che è quella della figlia, una ufficiosa di classe sociale inferiore che è quella del figlio. I due vivono stati d’animo completamente differenti: il figlio è completamente consapevole della questione, la figlia completamente inconsapevole e conosce la storia della seconda vita del padre esattamente due giorni prima di ciò che vediamo nello spettacolo. I due personaggi si confrontano da due posizioni diverse: uno è più smaliziato ed è riuscito a metabolizzare questa figura del paterno, l’altra subisce le notizie e sviluppa un percorso di cambiamento all’interno del testo in diretta.
Qual è il senso di mancanza che più li opprime?
(Francesco Bonomo) I due sentono, per diverse ragioni, un’enorme mancanza: lui viveva l’assenza del padre ma ne aveva l’amore, lei aveva la presenza ma la sua era la famiglia “delle opportunità”: del danaro, del poter affermarsi nella società, a cui il padre non dona amore. I due questo grande vuoto, nonostante il conflitto iniziale, alla fine cercheranno di colmarlo reciprocamente. Una ricerca che li porterà ad un atto incestuoso da cui il fratello finirà per rendersi conto che il senso di mancanza non è colmabile con questo “legame”. La struttura in scena è un vero e proprio dramma nel senso classico del termine. Non vediamo l’azione tragica, non vediamo l’unione fisica che ci viene solo raccontata. Vediamo solo i postumi di queste azioni.
Toni sempre drammatici?
(Francesco Bonomo) C’è anche un lato brillante perché, essendo riuscito a metabolizzare la storia, il fratello tende ad essere un po’ il “buffone” tra i due, riesce sempre a mettere “in ridicolo” la figura di un padre che non era un santo come la sorella lo vede nel suo immaginario. È però una brillantezza grottesca. Sono risate amare, mai comicità vera e propria.
Come si sviluppa il testo in scena?
(Francesco Bonomo) Il testo si sviluppa in tre quadri: nel primo c’è il loro primo incontro in un bar qualunque, nel secondo c’è l‘incontro-scontro dal notaio dove i due aspettano di sapere qual è il destino della loro eredità, un’eredità materiale che ha chiaramente un valore simbolico affettivo, nel terzo abbiamo ciò che accade dopo l’azione tragica che è l’incontro fisico.
Parliamo della figura della sorella. Cosa rappresenta?
(Lucia Bendia) Credo che il mio sia un personaggio che racconta il vuoto della forma. All’interno di una famiglia apparentemente perfetta si aprono dentro di lei tanti squarci. Squarci che sono quei conti che nella vita non tornano. Questo, secondo me, è la modernità del personaggio. Tutti noi oggi viviamo in tanti mondi paralleli che a volte non comunicano, non si appartengono. In lei c’è anche un grande dolore che non è solo legato al lutto, ma è il dolore di quello che non si può tenere insieme. Nell’ultimo quadro troviamo una donna che tenta disperatamente di cercare un’unità dove non è possibile e in questo, come diceva Francesco, è un personaggio “tragico” nel senso classico del termine.
Il termine “contemporaneo” mi fa venire in mente una scenografia minimalista.
(Francesco Bonomo) La scenografia molto simbolica è rappresenta da questi tre ambienti a settori chiusi, a segmenti. Con Luca e Gisella Gobbi, scenografo e regista, si è voluto esprimere il concetto di “gabbia”, di luogo chiuso nel quale loro si incontrano perché sono “costretti”. Rispetto alla contemporaneità del testo è così ma importante è anche sottolineare che è un testo classico e convenzionale da un punto di vista della struttura.
Anche del linguaggio?
(Francesco Bonomo) No. Il linguaggio è abbastanza contemporaneo ma non si lascia andare mai a volgarità. C’è qualche interazione ma veramente senza indugi. Non è un testo che ammicca al pubblico da nessun punto di vista. È molto composto, chiuso.
Avevate già lavorato insieme?
(Francesco Bonomo) Si, qualche anno fa abbiamo lavorato insieme in uno spettacolo per due attori tratto da “Le notti bianche” di Dostoevskij in un posto suggestivo, le Grotte di Frasassi, per la regia di Henning Brockhaus. Ci eravamo trovati molto in sintonia e quando ci è arrivata la proposta di Gisella abbiamo subito accettato.
Cosa si prova all’idea di debuttare ed inaugurare un festival di prestigio come questo?
(Lucia Bendia) Non possiamo che ringraziare il Todi Festival, Eugenio e Diana (Ndr. Eugenio Guarducci Direttore artistico e Diana Del Vecchio Direttrice organizzativa) per averci dato una grande opportunità come debuttare all’inaugurazione del trentennale di attività. È un’emozione unica.
(Fracesco Bonomo) È per me un piacere enorme essere al festival dopo averlo vissuto per tanti anni in qualità di spettatore. Questo debutto è una scommessa per tutti anche considerando che sul palco ci sono due attori abbastanza rispettati, stimati e credibili ma che non sono “nomi televisivi” di richiamo. Credo questo sia un valore aggiunto allo spettacolo.
Il legame Regia di Gisella Gobbi, con Lucia Bendia e Francesco Bonomo, scene e Costumi a cura di Carolina Ferrara e Luca Gobbi, light designer Pietro Sperduti, produzione Teatro Valmisa / Todi Festival in collaborazione con Teatro Stabile d’Abruzzo.