Lungo la statale 77 che da Foligno porta a Colfiorito, anche sfrecciando in auto non si può fare a meno di notare un gioiello di pietra incastonato nella montagna. Un presepe scolpito nella roccia, apparentemente irraggiungibile, scavato nella massa calcarea del Sasso di Pale
di Marco Morello
Se si trova il tempo per fermarsi ad ammirare l’insolito panorama, si può notare che questo piccolo gruppo di costruzioni in parte si fonde in parte fuoriesce dalla costa della montagna, creando un effetto visivo unico. Esiste un sentiero ben segnato e storicamente noto nella zona, che consente di raggiungere la costruzione e, nel corso del viaggio, ci permette di tornare indietro nel passato fino al cuore del medioevo, quando si ritiene che l’Eremo di Santa Maria Giacobbe sia stato fondato. Il sentiero parte dal piccolo borgo di Pale, un insediamento medievale che sorge sulla riva del Menotre e che deve alle acque del fiume il motivo della propria fama fin dal tredicesimo secolo. Grazie alla conformazione del territorio e al costante flusso d’acqua, infatti, Pale divenne sede di importanti attività industriali, come le famose cartiere che fornivano una carta di alta qualità, molto apprezzata dallo Stato Pontificio, la stessa usata per stampare la prima edizione della Divina Commedia. Nel borgo sorge anche un castello quattrocentesco e ci sono tracce storiche rilevanti a partire dal terzo secolo avanti Cristo in relazione a un acquedotto romano che raccoglieva le acque del fiume Menotre.
Uscendo dal paese dalla parte opposta rispetto alla statale 77 e salendo verso la montagna che sovrasta le mura antiche del borgo, ci si incammina lungo un percorso sicuro e ben segnato che si inerpica, tra sentiero e gradoni antichi, fino a raggiungere i contrafforti dell’Eremo di Santa Maria Giacobbe. L’eremo è rintanato in una nicchia rocciosa che lo ospita e ne costituisce in parte la volta. Costituito da un blocco centrale più antico (la chiesa) e da alcune costruzioni arroccate alla principale ma disposte su diversi livelli, è stato costruito in epoche diverse come santuario di frontiera per le comunità circostanti. Le costruzioni laterali erano adibite ad abitazione per gli eremiti che si occupavano della chiesa e delle attività correlate.
Fin dal medioevo l’eremo è sempre stato un punto di incontro per gli abitanti dei paesi vicini che lo raggiungevano in processione in occasione delle festività, specialmente il giorno della santa patrona (25 maggio) e il giorno dell’Ascensione. Il santuario e il percorso per raggiungerlo erano considerati terapeutici per i dolori reumatici di cui gli abitanti del luogo spesso soffrivano a causa del lavoro nelle cartiere o negli opifici della zona. All’inizio del percorso i fedeli appoggiavano il piede nel punto in cui la leggenda vuole ci sia ancor oggi l’orma lasciata da Santa Maria Giacobbe. I pellegrini alla ricerca di lenimento alle loro sofferenze continuavano la salita strusciando le mani contro la roccia o infilandole nei solchi della pietra che rappresentano il passaggio delle dita della santa.
Arrivati alla cima i fedeli attingevano acqua ritenuta terapeutica da una cisterna che raccoglie acqua piovana o scrostavano le pareti della montagna (o addirittura l’intonaco della chiesa, rovinando gli affreschi al suo interno) sempre per preparare pozioni curative. Oggi l’eremo è in ottime condizioni. La chiesa (chiusa durante l’anno) è affrescata. L’abside, ricavata nella roccia della caverna a partire dalla quale è stata costruita la chiesta, ospita un affresco di santa Maria Giacobbe con un vasetto di aromi in mano. Nel resto della chiesa si possono ancora vedere affreschi unici nel loro genere, compreso un Cristo tunicato rappresentato con i piedi immersi in due calici, immagine apertamente riconducibile al tema del Santo Graal. Anche Santa Maria Maddalena viene raffigurata sulla parete dell’altare e in mezzo a tutti i personaggi religiosi rappresentati sulle pareti si può trovare lo stemma della famiglia Trinci, nobile casata dei signori di Foligno che fu tra i principali committenti delle opere artistiche contenute nella chiesa.
L’origine del mito di questo luogo è legata alla figura di “Maria de Iacoba”, madre di Giacomo. Dopo la Crocefissione, la donna andò con Salomè e Maria di Magdala (Maria Maddalena) al santo sepolcro con gli olii aromatici per imbalsamare Gesù ed ebbe lì notizia della Resurrezione. La leggenda vuole che si ritirasse in penitenza in una grotta nel Sasso di Pale, dove il santuario fu in seguito costruito per ricordare questi fatti. In realtà il mito della santa nella grotta è molto confuso, non solo in relazione all’identità della santa (storicamente pare che fosse stata Maria di Magdala a rifugiarsi in una grotta) ma anche in relazione al luogo in cui furono rinvenuti i suoi resti, probabilmente in un’altra zona dell’Italia centrale.
La pietra preziosa dell’Eremo di Santa Maria Giacobbe è incastonata in un gioiello di ben più ampie proporzioni: il comprensorio del Sasso di Pale e della valle del Menotre è infatti ricco di sorprese per gli sia per gli escursionisti sia per gli appassionati di storia. L’acquedotto romano, la fitta lecceta, le mura e il castello di Pale, i corsi d’acqua, le cascate che tagliano la roccia, le grotte, le orchidee che nascono spontanee nella vegetazione ricca di olivi della costa della montagna… sono alcuni tra i punti di forza di un territorio suggestivo e ricco di storia, alla portata di chi desideri lasciarsi alle spalle i soliti percorsi e voglia iniziare a seguire, con passione e fiducia, i Sentieri di Bibo.
CHI E’ BIBO?
In queste escursioni alla scoperta di un’Umbria più o meno nascosta ma certamente sorprendente e genuina ci guida Bibo, al secolo Fabrizio Baldoni. Non ci fermiamo a parlare della sua vita di imprenditore umbro. Quello che conta qui per noi è la profonda passione per la sua terra e per le persone che la popolano, per i piatti tipici e la tradizione popolare. Sempre alla ricerca di nuovi percorsi da esplorare, non c’è cartello cancellato, segnale arrugginito, pozzo abbandonato che non attiri la sua attenzione. Grazie a un carattere che ispira istintivamente fiducia e a una curiosità insaziabile, Bibo fa domande ai vecchietti della zona, ai negozianti, a chi nei luoghi storici vive tutti i giorni, alla ricerca di una traccia, di un suggerimento, di un pezzo di memoria sfuggito o non più considerato. E riscopre, recupera, studia e condivide. Dalle forre da percorrere con la muta alle escursioni con famiglie e bambini, seguire Bibo significa scoprire o riscoprire il piacere della vita all’aria aperta e percorsi inusuali in un territorio, quello umbro, che turisti e studiosi appassionati vengono a visitare da tutto il mondo.