di Andrea Cova

Il regista, ospite della Pro Civitate Christiana, legge il Vangelo secondo Matteo e scatta in lui la scintilla che lo porterà a scrivere e filmare la sua opera più nota.

Pier Paolo Pasolini è sicuramente uno degli intellettuali più discussi del Novecento. Le sue provocazioni, scritte dalle pagine dei quotidiani, attraverso i suoi libri oppure grazie ai film, hanno alimentato, e continuano ad alimentare, dibattiti e speculazioni di ogni genere. Sono state spese parole su parole per descrivere e raccontare l’opera pasoliniana.

Una delle pellicole che maggiormente ha destabilizzato il pubblico e la critica, visto il dichiarato ateismo di Pasolini, è stata Il Vangelo Secondo Matteo, opera di alta poesia.

Il film vede una gestazione lunga due anni e la partecipazione attiva della Pro Civitate Christiana di Assisi, con la quale si instaurò un affetto speciale grazie anche agli scopi dell’associazione: essere un luogo di incontro e dialogo aperto a tutti, senza nessun tipo di distinzione.

Pasolini,  invitato alla Pro Civitate per un convegno che coinvolgeva gli addetti ai lavori del cinema declinò   con una certa  vena polemica: Non posso sopportare i farisei che usano la religione per i propri interessi. Se verrò da voi, ci verro a convegno finito. Così fece.

In una Assisi febbricitante per l’improvvisa visita di Giovanni XXIII, 2 ottobre 1962, Paolini ospite della ‘Cittadella’ (così è chiamato il complesso di edifici della Pro Civitate Christiana), indeciso se mischiarsi alla folla festante per accogliere il pontefice, sceglie di restare in camera per evitare possibili controversie. Sdraiato sul letto, trova il Vangelo nel cassetto del comodino e inizia a leggerlo  cominciando dal primo, quello di Matteo. Sarà questa la scintilla che accenderà l’amicizia tra il cineasta e la Cittadella. Amicizia dichiarata con una lettera qualche mese dopo a Lucio Caruso: La prima volta che sono venuto da voi a Assisi, mi sono trovato accanto al capezzale il Vangelo: vostro delizioso – diabolico calcolo! […]E, nell’esaltazione della lettura – lei lo sa, è la più esaltante che si possa fare! – mi è venuta, tra l’altro, l’idea di farne un film. Nel seguito della lettera, Pasolini chiederà aiuto per la stesura della sceneggiatura. Tornerà quindi ad Assisi e nel corso della lavorazione del testo intratterrà uno stretto rapporto epistolare con don Aldo Carraro, un padre dell’associazione, che visionò e corresse il manoscritto, accompagnandolo anche in Terra Santa alla ricerca dei luoghi dove ambientare la vicenda.

Sembra quasi una magia. Il 1963 vede, da un lato, Togliatti, segretario del PCI, auspicare un incontro e una condivisione di valori tra il comunismo e il cattolicesimo; dall’altro Giovanni XXIII che con l’enciclica Pacem in Terris si rivolge e tutti gli uomini di buona volontà: è in questo clima di dialogo che Pasolini scrive Il Vangelo secondo Matteo.

Appoggiare Pasolini nella realizzazione del film è una scelta della Cittadella coraggiosa e contro corrente: va bene essere aperti agli atei e ai comunisti, ma a un omosessuale era troppo! (così racconta Marco Marchini nel periodico Rocca del 15 aprile 2005 a proposito delle critiche rivolte alla Cittadella). La pellicola raggiunse un risultato incredibile anche per il regista, con un successo decretato dopo la presentazione al XXV Festival di Venezia e proiettato il 4 settembre 1964.

Grande è la soddisfazione in Pro Civitate Christiana e don Giovanni si congratula col cineasta. Uno stretto legame è nato tra Pasolini e la Cittadella che lo porterà a tornarci altre volte, chiedendo aiuto anche per la stesura del film Uccellacci e Uccellini.