di Andrea Cova
Il maestro del cinema italiano racconta il suo legame con la regione che ha scelto come palcoscenico per alcuni suoi film
Al casolare vicino Todi, acquistato dalla madre negli anni ’70, alla decisione di scegliere il paesaggio umbro come sfondo di alcuni dei sui film, Pupi Avati, regista e sceneggiatore, ci racconta il suo stretto legame con l’Umbria fatto di sentimenti contrastanti. Ma quando arrivano le ragazze?, I cavalieri che fecero l’impresa, L’arcano incantatore e La via degli angeli sono alcune delle pellicole ambientate nei dintorni di Todi… finché il sodalizio professionale non si è spezzato ma lasciando intatto quello umano. Per un film promozionale sulla nostra regione, Avati, senza esitare, sceglie san Francesco come testimonial d’eccellenza. Ma, a suo dire, il cinema italiano è ad un punto morto.
Maestro Avati, tra le pagine della sua biografia, La grande invenzione, leggiamo anche l’Umbria tra i luoghi della vita. Ci racconta il perché?
Il mio incontro con l’Umbria avviene alla fine degli anni ’70. Mia madre, che non ha mai dimenticato le sue origini contadine della campagna Emiliana e vivendo a Roma ormai da tanti anni, aveva una grande nostalgia per la campagna e nel momento in cui si è trovata a disporre di una piccola cifra, ereditata da suo padre, cominciò a ullare l’idea di una casa in campagna. Il paesaggio che ricorda maggiormente l’Appennino e ancora incontaminato è quello umbro.
Mia madre e mio fratello iniziarono a perlustrare i territori attorno a Todi e in maniera del tutto accidentale trovarono ciò che stavano cercando. Uso la parola “accidentale” non casualmente, perché la macchina rimase bloccata e servì l’aiuto di un contadino col trattore per rimetterla in strada al quale chiesero notizie di case in vendita. A poche decine di metri gli fu indicato un casale appena restaurato. Una circostanza fortuita che si tradusse in quella che è stata la nostra casa di campagna per molti anni, dove sono cresciuti anche i miei bambini. Mia mamma ebbe l’idea geniale di costruire subito una piccola piscina e che divenne una sorta di carta moschicida per i bimbi di tutta la zona. Ho un ricordo meraviglioso di quelle estati, tanti amici, cominciavano a nascere le prime storie d’amore.
Siamo rimasti talmente sedotti da quella terra, da quella gente che anche io e mia moglie abbiamo acquistato una casa a pochi chilometri di distanza dove andiamo d’estate e regolarmente a Natale e Pasqua, perché è diventato il punto focale dove si ritrovano sia i parenti di Bologna che di Roma, ogni volta siamo trentadue persone a tavola.
Oltre che con le parole, lei ha raccontato l’Umbria anche con le immagini. Ma quando arrivano le ragazze?, per citarne uno, lo ha girato nel corso di Umbria Jazz. Come è stato girare a Perugia?
C’è stata una bella coincidenza con questo evento straordinario creato dal genio di Carlo Pagnotta e devo dire che mi sono trovato molto bene, è una città ospitale… diciamo che girare in un luogo dove il cinema non c’è ancora stato è meglio, perché succede sempre qualcosa che spinge gli abitanti del luogo a non volere disturbo, non è il mio caso perché la mia troupe è sempre estremamente educata. Quando arriva una troupe è come se arrivasse il circo.
Questo però non è stato l’unico film girato in Umbria. Per le riprese de I cavalieri che fecero l’impresa costruimmo i reparti scenografia e costume, era un film ambientato nel Medioevo, in due gradi capannoni presi in affitto a Todi e Ponte Rio. Ci sono stati anche altri film, La via degli angeli, L’arcano incantatore. Abbiamo portato un grandissimo indotto all’Umbria, perché un film ha bisogno di tantissime persone che ci lavorino per nascere, ma poi per una serie di cause, abbiamo capito che non eravamo più graditi. A Todi non ho più girato niente. Mi resta una profonda amarezza e una grande delusione, perché poi tornarono a cercarci, ma ormai qualcosa si era rotto a livello lavorativo, dal punto di vista personale, il mio amore per l’Umbria ancora vive.
Se dovesse girare, oggi, un film per promuovere la nostra regione?
San Francesco è un testimonial di tale potenza che non occorre inventarsi qualcosa di diverso. Non occorre distaccarsi dall’idea dei luoghi francescani nel loro fulgore, sacralità e bellezza, perché al di là del credere o meno c’è una bellezza artistica intrinseca in tutto quello che riguarda Francesco.
Ancora una domanda. Quali progetti ci sono nell’immediato futuro di Pupi Avati?
In questo momento sto godendo l’importante successo avuto dalla fiction Un matrimonio, trasmesso da Rai Uno. Si tratta di una storia molto normale nella quale si riconoscono in tanti ed è questa la cosa che mi appaga di più, totalmente contro corrente rispetto a quello che sono i temi della fiction.
Dove sta andando il cinema italiano?
Purtroppo non sta andando da nessuna parte. Per riempire le sale cinematografiche occorre realizzare dei film di basso profilo, senza ambizioni. Al di là del risultato di Sorrentino (La grande bellezza), che si può considerare una mosca bianca, si fanno pochi film e il pubblico, nella maggior parte, frequenta le multi sala dove vengono proiettate commediole. Il cinema d’autore è praticamente scomparso.
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