Il contribuente che riceve un avviso di accertamento può fare ricorso se ritiene che ci sia un errore del Fisco. Se riconosce il torto e paga, ottiene sanzioni ridotte, oppure può cercare un accordo con l’ Agenzia: ecco come fare
Di Andrea Barbieri
Sono passati i tempi in cui con trepidazione aspettavamo il postino per sapere se il nostro amato aveva risposto alla nostra lettera o per scoprire se i nostri amici si erano ricordati di noi spedendoci la sempre gradita cartolina illustrata delle loro vacanze. Ai tempi di Whatsapp e Facebook le comunicazioni ci arrivano direttamente in tasca. Quindi oggi c’è da sperare che la cassetta della posta contenga solo lo stampato del supermercato e che esso non ci nasconda quelle simpaticissime buste di colore verde segno che a ricordarsi di noi sono stati i Vigili Urbani o la Polizia Stradale. Oppure, peggio ancora, si tratta di un avviso di accertamento notificatoci dall’Agenzia delle Entrate. Cosa fare?
Il ricorso in Commissione Tributaria
L’atto ricevuto può essere impugnato attraverso il ricorso alla Commissione Tributaria provinciale introducendo così il processo tributario. Trattasi di un procedimento giurisdizionale speciale che non coinvolge la giustizia ordinaria, se non all’ultimo grado di giudizio, ma i tempi di definizione della controversia sono inevitabilmente lunghi. Inoltre per importi accertati superiori ad Euro 2.582,28 è obbligatoria l’assistenza di un professionista abilitato che inevitabilmente comporta un costo.
E’ bene ricordare che per tutte le vertenze di valore non superiore ai 20.000 Euro è divenuta obbligatoria la proposizione del reclamo/mediazione. Molto spesso l’incertezza dell’esito della controversia e i costi spesso elevati spingono il contribuente a cercare un accordo con l’Ufficio sperando in soluzioni economicamente più vantaggiose, immediate e snelle.
Gli strumenti di definizione bonaria alternativi al ricorso
Presentano un certo grado di complessità, risultando così non facilmente decifrabili da chi non abbia una certa familiarità con la materia.
Acquiescenza
E’ rivolta a tutti i contribuenti che ricevono avvisi di accertamento fondati su dati e valutazioni difficilmente contrastabili. La scelta di questo strumento comporta la rinuncia a presentare sia l’istanza di accertamento con adesione che il ricorso.
Si chiude la lite con l’Amministrazione Finanziaria e si ottiene la riduzione a 1/3 delle sanzioni amministrative, la diminuzione fino a 1/3 di quelle penali e la non applicabilità delle pene accessorie. Le somme, così ridotte, dovranno essere pagate entro 60 giorni dalla notifica.
Accertamento con adesione
Consente ai contribuenti di raggiungere un accordo diretto con l’Ufficio attraverso un contraddittorio.
Definire un’intesa con l’Ufficio apre la strada alla possibilità di rettificare a favore del contribuente l’accertamento iniziale e ridurre le sanzioni fino a 1/3 del minimo. E’ sufficiente presentare una richiesta in carta libera. Il contribuente deve effettuare il pagamento delle somme entro 20 giorni dalla redazione dell’atto di adesione.
Conciliazione giudiziale
E’ un mezzo utilizzabile per chiudere un contenzioso aperto con il fisco per le quali si è già messo in moto il ricorso, ma non si è andati oltre la prima udienza. Permette di usufruire di una riduzione delle sanzioni amministrative che saranno dovute nella misura del 40% delle sanzioni irrogabili.
Autotutela
E’ utilizzabile dall’Amministrazione qualora ammetta di aver commesso un errore andando ad annullare o correggere il proprio operato senza attendere l’intervento di un giudice. Tutti gli strumenti analizzati, tranne l’autotutela, permettono il pagamento delle somme dovute, in unica soluzione o in massimo 8 rate trimestrali (12 rate se la somma supera Euro 51.645,69).