Risalendo la valle del Tevere a nord di Perugia, lasciata la via Tiberina, un’antica strada campestre penetra nel verde umbro fino a svelare a poco a poco l’antico complesso monastico dell’Abbazia di Montelabate. Il suo nome originario è Santa Maria in Valdiponte in Corbiniano, dal monte posto ad est. E’ un’abbazia benedettina, di cui la più antica memoria scritta risale al 993

di Pierpaolo Vicarelli 

I monaci, sotto la regola “Ora et labora”, per recuperare i terreni abbandonati li concedevano a coloro che accettavano di lavorare la terra in cambio di protezione. I lavoranti adempivano agli “obblighi” fornendo “uova a Pasqua, una spalla di maiale per l’Assunzione e quattro capi di pollame a Natale”, che i monaci davano ai poveri, perché loro non potevano vivere del lavoro altrui e mangiare carne. Nel 1030, l’abate Pietro, il primo di cui si conosce il nome, ebbe dal Papa il compito di ristabilire la regola e riparare il monastero. Le chiese dei vocaboli circostanti vennero restaurate grazie a ricche donazioni, così l’Abbazia nel 1111 contava possedimenti vastissimi fra Perugia e Gubbio, con ben 20 castelli e 30 chiese parrocchiali. Purtroppo l’immenso patrimonio si consumò, sia per l’incapacità e l’avidità degli abati, sia per le prepotenze degli attuari e per le lotte interne a Perugia. L’ultimo Abate morì nel 1404 fuori del monastero, completamente privato di tutto. Poi l’Abbazia diventò commenda, ma le cose peggiorarono ancora e agli inizi del sec. XVII, quando la chiesa non era più officiata e l’ultimo monaco viveva di elemosina. Verso la metà del sec. XVII vi abitarono i cistercensi, che la rivitalizzarono ma purtroppo ne furono cacciati nel 1860, quando l’Abbazia venne demaniata e trasformata in villa e fattoria. Queste successivamente furono acquistate dal marchese Medici. Oggi tutto il complesso appartiene alla Fondazione Gaslini di Genova, il cui fondatore la rilevò intorno alla prima metà del secolo scorso, che lo gestisce tramite la Società Agricola “Fondi Rustici Montelabae srl”, la quale cura i possedimenti producendo anche un pregevole olio di oliva.

Il complesso Nella visita al complesso di Montelabate, restaurato dopo il terremoto del 1997 ed oggi visitabile da gruppi su prenotazione, si può apprezzare sia l’aspetto artistico che quello mistico, immerso in una quiete incontaminata, dove la natura è ancora protagonista ed in alcune ore del giorno si può udire il canto del passero solitario. Suggestivo e misterioso appare al visitatore l’accesso al piccolo chiostro quadrangolare, di straordinaria bellezza ed eleganza. Vi sono due colonnati sovrapposti. Il primo è composto su ogni lato da serie di quattro piccoli archi a sesto acuto, sorretti da tre colonnine che sono tutte diverse l’una dall’altra. I capitelli sono ornati da fogliami, corredati da gure geometriche o gure grottesche. Questo primo livello venne fatto costruire dall’Abate Oratore verso gli inizi del secolo XII, dopo che il primitivo era andato distrutto. Il colonnato del secondo ordine, datato al 1297 sotto l’Abate Deodato, occupa solo due lati del chiostro, soltanto un lato però è dello stesso stile, perché l’altro è molto più modesto, realizzato in laterizio. All’interno del chiostro si conserva la pavimentazione originaria in cotto con al centro un pozzo. Tutto l’insieme è dominato, sul lato Nord, dal campanile risalente al 1269, ora ridotto di un terzo rispetto all’altezza originaria. Sul chiostro si aprono numerosi ambienti, molti con so tti a volta di pietra o di laterizio, a seconda della datazione. La Sala Capitolare ha a reschi del XIII sec. e vi si trova anche un grande forziere ligneo ferrato. La cantina, con grandi botti di legno, era anticamente la “chiesa del popolo”. Sempre dal chiostro si accede alla chiesa originaria, che ora costituisce la cripta della chiesa abbaziale, molto suggestiva per la sua architettura che suggerisce lo spirito benedettino. Sul retro è visibile la parte posteriore dell’abside. Dalla parte opposta c’è un’altra apertura che dà all’esterno. Dopo aver costeggiato il anco della chiesa abbaziale, si arriva alla sua facciata principale. Il portale è posto in cima ad una ripida scalinata perché la chiesa sorge a circa dieci metri sopra il livello stradale. Fu edi cata sotto l’abate Trasmondo (1266-1285), mentre il suo successore Uguccione aprì sulla facciata la porta ad arco acuto ed il sovrastante rosone circolare risalente al 1315. L’interno è a navata unica, reca delle lapidi che ci ricordano che la chiesa è lunga 36 metri e larga 14,40. L’altare maggiore, sotto il quale era sepolto il primo Abate Pietro, era arricchito dal polittico di Meo da Siena oggi conservato presso la Galleria Nazionale dell’Umbria, che ra gura la Madonna fra i Santi, i dodici Apostoli e lateralmente, i Patroni di Perugia. Nel secolo successivo, vennero costruiti due altari laterali, che recano pitture attribuite a Fiorenzo di Lorenzo (1488 e 1492), oggi in fase di restauro. Dopo il periodo di massimo splendore dell’Abbazia, la chiesa ebbe destinazioni diverse. Fu addirittura un deposito di granaglie, come testimonia la traccia di una scala nella parete di sinistra ed anche il ricovero dei tesori dell’arte pittorica umbra.