Il racconto di vita personale ed artistica nello spettacolo che vedrà Sergio Caputo e Francesco Baccini protagonisti di uno show tra canzoni e aneddoti originali. Sulle note degli swing più noti ed amati dal pubblico, il Teatro Morlacchi apre le sue porte a ‘Un riflettore per due’

di Francesca Cecchini

Pianoforte e chitarra sono gli unici elementi in scena per Sergio Caputo e Francesco Baccini che saliranno sul palco del Teatro Morlacchi di Perugia il prossimo 16 novembre nell’ambito della stagione Umbria Eventi d’Autore promossa dall’Associazione Umbra della Canzone e della Musica d’Autore, affiancata per l’occasione da Musica Umbria. Due artisti che hanno fatto la storia della musica italiana e che, con Un riflettore per due, ripercorreranno anni di carriera legati dal fil rouge costante del sound dello swing. Ma come nasce lo spettacolo e, soprattutto, come si avvicinano i due cantanti a questa collaborazione? A risponderci è Sergio Caputo che ci racconta che una notte si è svegliato all’improvviso dopo aver bizzarramente sognato di essere in concerto proprio con Francesco Baccini, artista che conosceva musicalmente ma non personalmente.

“Non ci eravamo mai incrociati nonostante lavorassimo per la stessa casa discografica e vivessimo nella stessa città. Ho svegliato mia moglie, le ho raccontato il sogno e le ho chiesto come sarebbe stato, secondo lei, un concerto con me e Francesco. Lei, semi addormentata, mi ha ‘bofonchiato’ un ‘sì’. L’ho cercato sui social e gli ho chiesto di fare un tour insieme”.

La reazione di un Baccini che si trova davanti l’improvvisa ed inaspettata richiesta?

È stato come se ci conoscessimo da anni. Ci ha pensato due minuti poi mi ha detto di si. Siamo subito partiti scrivendo un singolo via skype. La scrittura del brano, testo, accordi, tutto è avvenuto via skype: lui al piano e io alla chitarra. Una cosa che anni fa non sarebbe stata possibile. Abbiamo trovato una band e iniziato uno show che è partito molto bene ma che, naturalmente, non poteva essere ospitato ovunque. Alcuni luoghi non avevano la capienza adeguata per accogliere tutta la band e così, quasi per scherzo, è nato Un riflettore per due. Solo noi due sul palco che raccontiamo la storia della nostra vita. Io accompagno lui alla chitarra e lui accompagna me al pianoforte. La cosa divertente sono gli aneddoti che raccontiamo e di cui normalmente non si sente parlare.

In una recente intervista Francesco Baccini ha dichiarato di aver avuto, ovviamente come tutti, dei miti musicali e di aver avuto la fortuna di conoscerli di persona. Tra questi c’era Sergio Caputo. Lei quali miti ha avuto?

Come racconto nella memoria che ho scritto tre anni fa, in occasione del trentennale di Sabato italiano, io e i miei amici viaggiavamo con Duke Ellington, George Jackson e Lucio Dalla nello stereo. Purtroppo Lucio Dalla ho avuto l’opportunità di incontrarlo soltanto un paio di volte e di sfuggita ma mi hanno raccontato che, così come io ascoltavo lui, Dalla girava per le Isole Tremiti con Caputo a tutto volume in macchina. E questo mi ha fatto un gran piacere.

I ragazzi giovani che non hanno vissuto il periodo storico in cui erano in voga le sue canzoni, sembrano conoscerle ed apprezzarle come noi che con esse siamo cresciuti. Secondo lei, questi brani, come riescono a rimanere in un immaginario collettivo senza tempo?

Quando le ho scritte non le ho ancorate ad un periodo particolare. Le ho scritte parlando di emozioni che sono emozioni di sempre, che tutti quanti viviamo in varie fasi della nostra vita. Ho notato poco tempo fa che proponendo ai miei figli (NdR. 3 e 4 anni) dei film della Walt Disney degli anni Quaranta, si sono affezionati alle storie tanto quanto ci appassionavamo noi alla loro età. Quindi, ne deriva che se un prodotto funziona, è buono, riesce sempre a toccare le corde e ad emozionare le persone anche dopo anni.

Da questo progetto teatrale nascerà un disco?

Certamente. Sta nascendo un album che stiamo scrivendo anche se ancora separatamente. La prossima settimana ci incontreremo per suonare insieme, valutare quali sono i pezzi da inserire e quale direzione prendere a livello stilistico anche se abbiamo delle idee abbastanza chiare. Sarà un album di swing moderno, quindi, ci divertiremo molto a livello ritmico ma anche adottando le nuove tecnologie. Questo progetto capita in un momento in cui sia io che Baccini eravamo ambedue giunti alla conclusione che fare dischi nuovi fosse assolutamente inutile per vari motivi, uno dei quali è il fatto che il pubblico rimane un po’ ‘incollato’ ai primi pezzi scritti che ti hanno portato al successo, perché con quelli ti ha conosciuto. Altro motivo è che i video non assorbono più grazie anche, ad esempio, ai talent e a questa piega che sta prendendo la musica. Mi sembrava inutile fare un album nuovo, mettere delle energie creative in progetti musicali che poi non verranno praticamente ascoltati in radio o, comunque, ascoltati molto poco. Questa formula, invece, ci ha fatto tornare un po’ la voglia di metterci al lavoro. Insieme.

Questa rivoluzione mediatica secondo lei facilita o meno la crescita della musica?

Sono stato uno dei primi a farne uso perché nel lontano 1999 esisteva una company californiana, mpe.com, che gestiva il format degli mp3, sulla cui piattaforma ho caricato un brano, Bibidin babidin bibidi bum, uno swing molto accelerato. Ebbe la bellezza di 25000 download in una settimana. Fu un grandissimo successo. Diciamo perciò che, agli albori di questa nuova tecnologia, la musica ne è stata favorita perché dei brani indipendenti, non prodotti attraverso le case discografiche convenzionali, hanno avuto la possibilità di arrivare al grande pubblico. Questo è un meccanismo che ha capito il creatore di iTunes, ad esempio, che è nato originariamente proprio per ritornare al singolo nel momento in cui si usava fare album, tutti ne facevano, ma erano album con due o tre pezzi buoni. Il resto era ‘riempimento’ o ‘sperimentazione’. Ora è cambiata nuovamente la situazione ma, per risponderti, inizialmente i media favorivano la musica al di là di quelle che erano le direttive ufficiali delle case discografiche. Oggi c’è talmente tanta offerta, tanta confusione che siamo un po’ tornati al punto di partenza.

Stiamo regredendo?

Esatto. Ora farsi notare su internet è molto complicato. Siamo tornati ad una situazione in cui produrre album costa molto meno, grazie alle innovazioni tecniche che ci sono alla portata di tutti, ma quel che ‘costa’ è la visibilità. Per aprire le barriere dei grandi media occorrono sostanziosi budget generalmente non tascabili per un indipendente.