Come nella costruzione del Sacro Bosco di Bomarzo, il soffio artistico di Pirro Ligorio ha dato linfa vitale ai giardini di una delle ville rinascimentali più affascinanti e conosciute al mondo, nonché patrimonio dell’Unesco: Villa d’Este, a Tivoli

di Daniele Pandolfi

Fontane, grotte e giochi d’acqua studiati alla perfezione e realizzati tramite tecniche già sofisticate, sfruttando la teoria dei vasi comunicanti. Furono in molti a dare supporto alle idee dell’architetto napoletano, tra cui Alberto Galvani e lo stesso committente Cardinale Ippolito II d’Este, il quale purtroppo potè godere della splendida villa solo per pochi giorni perché morì poco dopo l’inaugurazione. Dopo varie vicissitudini, la villa fu proprietà esclusiva dei suoi discendenti che la destinarono a luogo di incontri politici, eleganti e di chissà quale altro genere.

Morto l’ultimo degli Este, e in condizioni precarie, divenne proprietà dello stato italiano dal 1918, che diede il via ad intensi lavori di ristrutturazione che culminarono non moltissimo tempo fa. Del resto la manutenzione di una semplice villa di campagna ha bisogno di cure costanti, immaginarsi una di tale pregio e dimensioni, fuori da ogni limite. 

“Un sogno lucido a bocca aperta”, così amo descrivere questo posto. Mirare a costruire qualcosa di unico e fissarlo nel tempo, perché è solo lo spazio a modificarsi tutt’intorno: questo era lo spirito dell’artista che rivive nel suo lavoro e che, per chi ha la fortuna di ammirarlo a secoli o millenni di distanza, rievoca lo straordinario mondo che non abbiamo avuto il piacere di vivere.

Cosa mi abbia catturato da levarmi difficilmente dalla testa la “corte” degli Este non saprei. Di certo la facciata con scalinata nella quale ci mise lo zampino sempre il solito Ligorio, è forse magnifica tanto quanto quella di Piazza di Spagna a Roma. Le numerose fontane tra le quale spicca quella di Pegaso, dei Draghi, dell’Organo e di Nettuno per non parlare del viale delle Cento Fontane illuminato di notte. Conoscere il Ligorio è stata l’esperienza più entusiasmante perché l’artista, quasi per magia, rivive in tutto ciò che riproduce.

Foto di Selene Chiozzi